La Banca Popolare di Vicenza, il cui presidente Gianni Zonin è indagato per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza, ha annunciato che nei prossimi cinque anni ridurrà l’organico di 575 persone su 5.500 totali e chiuderà 150 sportelli. Il nuovo amministratore delegato Francesco Iorio, presentando il piano industriale al 2020, ha affermato però che l’istituto tornerà in nero già l’anno prossimo e prevede “un utile superiore ai 200 milioni nel 2018 e superiore ai 330 milioni nel 2020”. Nel 2014 la banca ha perso oltre 1 miliardo in seguito alle maxi svalutazioni imposte dalla Banca centrale europea e in aprile varerà un nuovo aumento di capitale da 1,5 miliardi. “La ricapitalizzazione sarà difficile ma non impossibile”, ha detto Iorio ai sindacati di categoria. “Mi auguro che gli attuali soci possano essere convinti del valore della banca e lo sottoscrivano”. In più “c’è la possibilità che alcuni operatori istituzionali e privati possano partecipare in maniera anticipata allo stesso”. Iorio ha fatto sapere che l’istituto sta “contattando quel migliaio di clienti” danneggiati dalla precedente gestione, coloro che hanno ricevuto soldi in prestito dalla Popolare di Vicenza per comprare azioni della banca. Modus operandi finito solo ora nel mirino della magistratura. L’obiettivo è “trovare un accordo” e “far rientrare questi investimenti entro la fine dell’anno”.
Fonti sindacali, dopo l’incontro con l’azienda, hanno fatto sapere che ai trecento esuberi previsti dal vecchio piano industriale se ne sono aggiunti altri 275 che lasceranno l’azienda e la cui uscita sarà gestita attraverso incentivi all’esodo: verrà creato un fondo di solidarietà ad hoc. In più la banca intende cedere la società di servizi bancari del gruppo (Servizi bancari Spa) in cui lavorano altri 300 dipendenti potenzialmente a rischio. A fronte degli esuberi, sempre secondo fonti sindacali, i vertici hanno promesso tra 180 e 200 assunzioni. Il segretario nazionale della Uilca, Fulvio Furlan, ha detto che il piano “presenta elementi di preoccupazione” e per questo urge “un confronto approfondito” con le parti sociali “per trovare le soluzioni più sostenibili per gestirlo e contenerlo”. Giuliano Xausa, segretario nazionale della Fabi, ha anticipato: “Non accetteremo uscite obbligatorie e quanto alle annunciate 180 assunzioni verificheremo che non restino lettera morta”. “Il nuovo piano industriale incide pesantemente sui lavoratori”, ha aggiunto, chiedendo che la magistratura faccia “chiarezza sugli errori gestione dei manager”.
Per quanto riguarda le prospettive di fusione con un altro istituto, Iorio ha detto che “fino alla quotazione in Borsa e all’aumento di capitale” la Popolare non cercherà un partner con cui fondersi. Dopo questi due passaggi “saremo forti per valutare un’operazione con calma, prudenza e senza fretta, un’operazione paritetica, possibilmente con banche che abbiano stessa dimensione operativa”.