Giuseppe Fiengo è uno dei tre amministratori scelti in accordo con Cantone dopo gli arresti: "In tutti gli incidenti che stanno capitando al Mose ci accorgiamo che chi doveva fare il lavoro non l'ha fatto", dice a ilfattoquotidiano.it. Dalla rottura di un cassone all'avaria di una nave di supporto sui cui ora indaga la Procura di Venezia. Intanto, dopo la cura, i costi di gestione del consorzio tracollano. "Stiamo continuando i controlli sugli appalti". E restano i dubbi sulla diga: le bocche di navigazione non sarebbero adatte all'accesso dei portacontainer. Corsa per rispettare la scadenza del 2018
“In tutti gli incidenti che stanno capitando al Mose ci accorgiamo che chi doveva fare il lavoro non l’ha fatto, l’ha subappaltato. Il sistema degli appalti dell’aggiudicazione dei lavori per il Mose lo stiamo mettendo a fuoco piano piano. E’ una meccanismo per cui in alcuni casi chi faceva i lavori aveva meno del dovuto. Se fai un lavoro per 100 e prendi 70 non è detto che quel lavoro lo fai bene. E mi riferisco proprio agli incidenti accaduti di recente”. A parlare è Giuseppe Fiengo, viceavvocato Generale dello Stato e, dall’aprile di quest’anno uno dei tre commissari nominati dal prefetto di Roma Gabrielli, d’intesa con l’Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone, per sovraintendere l’ultima fase dei lavori del Mose dopo l’inchiesta che il 4 giugno dell’anno scorso ha portato in carcere 24 persone, e 100 indagati, tra imprenditori, politici e alti funzionari dello Stato.
Gli incidenti a cui fa riferimento Fiengo – che per la prima volta da fonte autorevole vengono collegati alla gestione dei lavori da parte della grande “cricca” – costituiscono una vera e propria via crucis per la realizzazione delle paratoie mobili che dovrebebro difendere Venezia dalle acque alte. L’ultimo emerso è l’avaria della nave di supporto, il “jack up”, ideata per la manutenzione delle paratie e mai utilizzata né collaudata. L’incidente è al vaglio della magistratura perché potrebbe rappresentare l’ennesima voragine di denaro pubblico nel sistema a Mose. La nave sarebbe stata acquistata direttamente dal gruppo Fip-Mantovani per 50 milioni di euro, mentre le gara che partiva dai 37 milioni era andata deserta. “Il jack up era stato considerato in sede di commissione un congegno non sperimentato di incerta operatività – racconta Andreina Zitelli, membro della commissione Via all’epoca della, inascoltata, bocciatura del Mose – incognite inadatte alla funzione di ricambio delle paratoie”. Gli altri incidenti di cui si ha notizia sono lo “scoppio” del cassone CBA-02 della barriera di Chioggia del Mose – avvenuto nell’ottobre dell’anno scorso e venuto alla luce solo in questi giorni – il crollo, avvenuto nel 2012, di una parte della diga che doveva proteggere la bocca di porto del Lido dalle mareggiate e la recente rottura della porta della conca di navigazione di Malamocco. SEGUE