“No camorra!” è scritto in rosso su di un lungo lenzuolo fatto sfilare nelle viuzze del rione Sanità a Napoli. Le donne sono in prima fila. Urlano, piangono, scandiscono parole inequivocabili: “Basta camorra, i nostri figli hanno diritto a vivere”. Tanta rabbia, disperazione e solitudine. E’ il giorno dopo l’efferato omicidio di un ragazzino: Genny Casarano, 17 anni, colpito a morte in piazza Sanità mentre era con i suoi amici. E’ l’alba d’inizio settembre. Un commando di killer in sella a scooter irrompe. Parte la sventagliata. Venti colpi esplosi da due differenti pistole. Un agguato. A terra, a pochi metri dalla Basilica di Santa Maria della Sanità, dove saranno celebrati i suoi funerali, resta Genny. Inutile la corsa al pronto soccorso. E’ una vittima. L’ennesima. La bara bianca. I fiori, i palloncini, la folla. Lo sguardo della statua di San Vincenzo ‘o Munacone, ammonisce.
Alex Zanotelli e don
E’ sempre più vera a distanza di anni l’analisi dello studioso e compianto Amato Lamberti: “Le gang metropolitane, la camorra, sono ammortizzatori sociali, che impediscono ribellioni violente. Nella tolleranza alle illegalità del crimine piccolo e grande, si evitano di fatto le rivoluzioni politiche dal basso, stravolgimenti traumatici che nascono sempre per necessità economiche”. C’è tanto bene al rione Sanità, storie di resistenza, protagonismi e slanci di grande generosità e solidarietà. Lì tra catacombe, tufo, altari paleocristiani, basiliche, chiese, arte, cultura e ossari c’è la vera anima di Napoli. Senza ambiguità bisogna spalare la ‘montagna di merda’, gridare “No camorra”. Praticare la legalità facendo i nomi ed i cognomi. Rompere il quieto vivere. Spezzare le connivenze. Rifiutare le convenienze. Guardare il mostro negli occhi e liberarci come fecero anche gli scugnizzi del rione Sanità combattendo contro i nazi-fascisti. “Genny vive” e vivrà se giustizia e rivoluzione diventano la nuova pelle di Napoli. Altrimenti sarà solo uno slogan.