Ma chi controlla la regolarità delle assegnazioni? Due anni fa per “salvare” Pompei è stato nominato il generale dell’arma Giovanni Nistri. Nelle sue relazioni al Parlamento ha usato parole di grande cautela sul tema dei ricorsi, spiegando che il monitoraggio delle anomalie nell’affidamento degli appalti non rientra “necessariamente” tra i compiti della sua struttura. E tuttavia la gestione delle gare continua a rappresentare materia di lavoro per i tribunali, dove sono arrivati 7 ricorsi, uno a sfavore dell’amministrazione, cinque a favore, uno in via di definizione.
E qui si torna a Osanna, che in proposito aveva idee molto chiare. Un anno e mezzo fa aveva spedito al commissario europeo Johannes Hahn un dossier nel quale chiedeva di velocizzare il grande progetto, ponendo l’accento sui freni imposti dalla magistratura amministrativa. “Ci sono interventi — scriveva Osanna — che seppur con bando di gara già aggiudicato non sono ancora potuti partire a causa di un ricorso avviato nei confronti della ditta vincitrice dell’appalto”. Citava allora, in particolare, quella da 4,5 milioni di euro per la sicurezza della Regio VII e per il restauro della Casa di Venere. Non poteva certo sapere che proprio quella gara – marcata da ribassi esagerati nell’aggiudicazione e da una mostruosa lievitazione degli importi (da 449mila a 8 milioni di euro per il restauro del Teatro Grande) – sarebbe poi diventata la pagina più buia di Pompei, con tanto di inchiesta penale e sequestro da 6 milioni di euro per l’ex commissario di protezione civile di Pompei Marcello Fiori (nella foto con Berlusconi), oggi coordinatore dei Club Forza Silvio. Eppure basterebbe prestare più attenzione a quei ricorsi sulle procedure di assegnazione che Osanna chiedeva di bypassare e il generale non sembra considerare più di tanto.