A Pompei viene aggiudicata una gara da 2,5 milioni. Il gruppo escluso fa ricorso, segnalando fra l'altro i legami professionali tra chi ha presieduto la gara e una delle aziende vincitrici. La replica: "Per i testi non abbiamo ricevuto compensi. E' vero che distribuisce i volumi della casa editrice della mia famiglia, ma se ha fatto un bel progetto non vedo dove stia il problema. Non mi occupo delle politiche commerciali di Osanna Edizioni"
“Questa storia del confitto di interessi? Credo che sia solo un grande equivoco”. Massimo Osanna da un anno e mezzo è il Soprintendente speciale dell’area archeologica di Pompei, Ercolano e Stabia. Ex docente di Archeologia Classica all’Università della Basilicata, direttore della Scuola di specializzazione in Beni Archeologici di Matera, già soprintendente in Basilicata dal 2007 al 2008. Il governo ha puntato molto su di lui e sul generale Giovanni Nistri, direttore generale del Grande Progetto Pompei, per imprimere la svolta decisiva nel recupero e nel rilancio del secondo sito più visitato in Italia, già patrimonio Unesco, afflitto da incuria e scandali. Missione: spendere in poco meno di due anni tutti i 105 milioni di euro piovuti dall’Europa.
Mancano due mesi alla scadenza dell’impresa e i numeri sembrano premiare la nuova gestione con 35 cantieri aperti e la completa saturazione nominale dei fondi. Ma è proprio al rush finale che salta fuori questa vicenda di una gara da 2,5 milioni di euro vinta dal consorzio partecipato da un editore di archeologia tra le cui pubblicazioni torna spesso il nome di Osanna e pure del responsabile unico del procedimento di gara, la funzionaria Adele Lagi. Non ultimo, nel bel catalogo della mostra “Nutrire l’Impero” in corso all’Ara Pacis. Osanna ha accettato di rispondere alle domande di ilfattoquotidiano.it
Non c’è un conflitto di interesse?
“In verità no. Né io né i miei colleghi abbiamo un rapporto economico diretto con l’editore che ha vinto la gara. Se ci sono nostri contributi pubblicati dall’Erma sono avvenuti su richiesta di altri organizzatori che ci hanno chiesto una prefazione, un articolo, la stesura di un capitolo ma senza compensi. Parliamo di pubblicazioni di nicchia di alto valore scientifico ma di bassa tiratura per le quali l’editore spesso non rientra neppure delle spese che sostiene”.
E tuttavia l’editore poi rientra eccome, se gli autori sono anche i commissari di una gara d’appalto pubblica e decidono di assegnarla proprio a lui…
“Può sembrare che sia così, da fuori. Capisco che dall’esterno ci possano essere percezioni che in qualche maniera non colgono nel segno, proprio perché in qualche maniera si è abituati ad altre realtà e contesti e modalità di rapporti. Bisogna distinguere laddove l’editore e l’autore hanno rapporti continuativi di tipo economico e dove c’è un rapporto scientifico di pubbicazione all’interno di una collana. Altra cosa è se una grande casa editrice ti commissiona un saggio che prevede un compenso a cartella. Allora c’è un contratto e un rapporto ecomico. E dunque la questione di un potenziale conflitto si porrebbe”.
E invece?
“In questo caso siamo di fronte a piccoli contributi scientifici, ripeto, che ci sono stati chiesti da altri organizzatori e senza compenso alcuno. Nel caso del catalogo alla mostra che lei cita, ad esempio, è stata la soprintendenza di Roma a chiederci un contributo in qualità di referenti scientifici e a scegliere l’editore. Il fatto che sia lo stesso che da noi ha vinto una gara è una coincidenza. Non c’è relazione tra le due cose”.
Lo stesso editore risulta però distributore della Osanna Edizioni
“E’ vero. Ma si tratta della piccola casa editrice di famiglia della quale si occupano mia madre e il mio patrigno, io ho contribuito con delle pubblicazioni ma non mi occupo assolutamente della politica di distribuzione commerciale. Io su cosa e come pubblicare, detto con franchezza, non metto becco. Se poi l’editore ha fatto una cosa buona insieme all’Ati che gli ha consentito di vincere… tutta questa ricerca di confitti mi stupisce”.
Scommette sulla conferma dell’esito della gara al Tar?
“Sono convinto che abbiamo fatto il massimo per stabilire una consuetudine alla regolarità, anche grazie alla presenza dello staff del Grande Progetto Pompei. Si è fatta molta attenzione a tutte le procedure e come sa sono 40 i cantieri attivi per altrettante gare, abbiamo un protocollo di legalità che analizza tutti gli atti di gara. La commissione dal mio punto di vista ha lavorato bene e con molta attenzione agli aspetti tecnico scientifici che erano molto carenti”.
Non era meglio sospendere la contrattualizzazione fino alla definizione del ricorso?
“La mia responsabilità è quella di assicurare a Pompei una fruizione di altissimo livello e che sia compatibile con un sito eccezionale. Sono tranquillo di aver fatto la cosa giusta con il Rup (responsabile unico del procedimento, ndr) che è persona correttissima. Proprio a garanzia di imparzialità e trasparenza abbiamo indicato tra i commissari anche una giornalista scientifica che è estranea all’amministrazione”.
Cinzia Dal Maso, che a sua volta figura però tra gli autori pubblicati da Erma
“Ma vede… ancora una volta sfugge la differenza tra l’autore che ha rapporti del tutto occasionali con l’editore da quello che ha un rapporto continuativo di committenza. Il mondo delle pubblicazioni archeologiche di valore scientifico è un piccolo: io personalmente ho scritto moltissimo da professore ma pochissimo per l’Erma. Ho avuto meno rapporti rispetto a tutti i miei colleghi che hanno scritto, perché Erma ha ricchissime collane a l’archeologia italiana, in qualche modo, passa di là”.
Come finirà?
“Saranno le istituzioni preposte a verificare la correttezza della valutazione e la leggittimità dell’assegnazione. Ma non è stata data la sospensiva, e quindi non abbiamo interrotto la stipula del contratto che fa partire la fornitura del servizio. Se a novembre ci sarà il giudizio e avrà esiti diversi ci adegueremo ridefinendo la cosa. Noi siamo molto tranquilli perché abbiamo lavorato in maniera molto seria. Voglio ricordardare che sono fondi europei e come ben sa hanno una scadenza. Abbiamo prima di tutto dei doveri verso la comunità di fare tutto il possibile perché non si perdano i soldi stanziati per questa attività”.