Avviso di fine indagine anche per il capo dell’ufficio tecnico del Comune Daniele Castellazzi, il geometra Claudio Terrieri e l’imprenditore Paolo Preti. Sotto le macerie della fabbrica in provincia di Modena persero la vita tre operai nel 2012
Il sindaco Pd di San Felice Sul Panaro Alberto Silvestri, il capo dell’ufficio tecnico del Comune Daniele Castellazzi, il geometra Claudio Terrieri e l’imprenditore Paolo Preti. Si conclude con i nomi di 4 indagati, per i quali potrebbe scattare la richiesta di rinvio a giudizio, l’indagine della Procura di Modena sul crollo dell’azienda Meta. Il 29 maggio del 2012 venne abbattuta dalle scosse di terremoto seppellendo, sotto alle sue macerie, anche tre lavoratori che quella mattina alle 9, quando la terra tremò con magnitudo 5.8, si trovavano in fabbrica: l’ingegnere Gianni Bignardi (55 anni), e gli operai Mohamad Arzarg e Kumar Pawan, rispettivamente di 46 e 31 anni.
Come riportato dalla Gazzetta di Modena, al centro dell’inchiesta, condotta dal sostituto procuratore Luca Guerzoni, c’è il provvedimento con cui l’amministrazione della provincia modenese aveva, nei giorni dei terremoti, autorizzato anche i tecnici privati, e non solo pubblici, a concedere l’agibilità provvisoria alle case e alle fabbriche del territorio, per velocizzare l’iter e impedire che l’Emilia terremotata rimanesse paralizzata dalle scosse. Un concorso di colpe, quindi secondo i pm: a Silvestri e Castellazzi, infatti, è rivolta l’accusa di aver legittimato i sopralluoghi di tecnici non qualificati dalla Protezione civile, mentre a Terrieri e Preti è imputata la dichiarata agibilità dell’edificio, certificata dal primo in qualità di tecnico, e per quanto riguarda l’imprenditore, come comproprietario dell’azienda.
Tra i reati ipotizzati, poi, secondo la Procura, potrebbero esserci anche i presupposti per il falso ideologico: durante le indagini, infatti, i pm hanno riscontrato che il provvedimento emanato dal Comune di San Felice era stato cambiato dopo il crollo della fabbrica, e che nel fascicolo relativo alla Meta era comparso un documento diverso da quello originale, presumibilmente redatto successivamente per alleggerire le corresponsabilità dell’amministrazione.
Archiviate alla fine dell’inchiesta, l’unica rimasta aperta relativamente ai crolli nel territorio modenese durante i terremoti di tre anni fa, invece, le posizioni degli altri indagati, tra cui i costruttori dello stabilimento.
Secondo quanto ricostruito dal sostituto procuratore Guerzoni, quella mattina del 29 maggio Arzarg e Pawan, erano stati richiamati in servizio dopo che la Meta aveva ottenuto un primo certificato di agibilità, firmato dal geometra Terrieri. Bignardi, invece, si trovava nell’azienda del polo industriale di San Felice sul Panaro per valutare, assieme al tecnico indagato dalla Procura di Modena e ai proprietari della ditta, gli interventi di messa in sicurezza effettuati dopo il terremoto del 20 maggio 2012. L’ingegnere, chiamato da Terrieri stesso per un per una consulenza, nei giorni del sisma aveva partecipato a numerosi sopralluoghi nel cratere emiliano romagnolo. Era un volto noto nella bassa modenese. Intervistato da “Modena qui” il 24 maggio del 2012, pochi giorni prima del crollo che gli sarebbe costato la vita, era stato uno dei primi a dire che “i capannoni sono le strutture più a rischio perché le travi hanno un appoggio più limitato. E se l’intensità del terremoto è talmente grossa da provocare spostamenti dalla sommità del pilastro tali da superare l’appoggio delle travi, le travi cascano. E crolla tutto”.