Reazione tiepida in Borsa, tranne che per Mps, alla notizia riportata da Il Sole 24 Ore di una possibile maxi fusione tra Unicredit, Intesa Sanpaolo e l’istituto senese, che ha provocato una levata di scudi dei sindacati ma è stata smentita categoricamente dai vertici delle tre banche. La banca di piazza Gae Aulenti ha archiviato la seduta a +1,16%, in linea con l’andamento del listino milanese che ha chiuso a +1,19%, mentre Intesa ha segnato +0,9 per cento.
Il quotidiano di Confindustria, pur ammettendo che si tratta di un progetto “vicino alla fantafinanza”, ha dato conto del dossier preparato da una banca d’affari che disegna un’operazione di scambio azionario tra le due big con un successivo coinvolgimento del Monte dei Paschi. A valle della fusione, secondo Il Sole, verrebbero chiuse 2mila filiali e sarebbero necessari 20-25mila esuberi. L’operazione è evidentemente ad alto rischio perché destinata a finire nel mirino dell’Antitrust, senza contare che la pubblicazione dell’indiscrezione fa sorgere qualche interrogativo sul rischio di aggiotaggio sui titoli delle banche coinvolte.
Immediato l’altolà delle sigle di categoria dei bancari. Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, ha parlato di “uno spot pubblicitario per acquisire milionari contratti di consulenza e ricevere lauti guadagni“, avvertendo che il sindacato è pronto a “scendere nuovamente in piazza e a proclamare altre giornate di sciopero“. Il numero uno della Uilca Massimo Masi dal canto suo si è schierato contro l’ipotetica “Unintesa” dicendo che “fusioni di questo tipo smantellerebbero tutto il sistema bancario del Paese” e evocando la “completa distruzione del sistema finanziario italiano”. “Abbiamo già visto in passato – ha ricordato Masi – che le mega fusioni non portano incremento di valore né per gli azionisti, né per i dipendenti, né per la collettività e tanto meno per il sistema produttivo, ma solo perdite di mercato ed esuberi del personale”. Agostino Megale, segretario generale della Fisac Cgil, ha chiesto che le voci fossero “stroncate sul nascere” aggiungendo che “non è il tempo e il momento di spendere soldi in consulenze per progetti assurdi e fantasiosi che non hanno nessuna credibilità sul piano della politica industriale e di settore”.
Tutti e tre gli istituti coinvolti, comunque, hanno negato che un progetto del genere esista.