Alla legge che vorrebbe svuotare l’Aci di uno dei suoi compiti principali, il mantenimento del Pubblico registro automobilistico, l’Aci risponde digitalizzando il documento che il registro custodisce, ovvero il certificato di proprietà. Dal 5 ottobre, il foglio con ologramma necessario per vendere o rottamare ogni veicolo sarà “smaterializzato” e consultabile on line. In pratica, da lunedì prossimo, a chi compra un’auto nuova non sarà più consegnato il pezzo di carta da custodire a casa, ma un codice attraverso il quale consultare il documento on line. Il costo dell’Ipt (l’imposta provinciale di trascrizione, che comprende la registrazione al Pra) rimane il medesimo: per un’automobile nuova la tariffa base è di 150,80 euro, che le province possono aumentare fino a un massimo del 30%.
“L’Aci è orgoglioso che il Pra, gestito da 88 anni, rientri tra le prime pubbliche amministrazioni centrali ad aver completato i processi di digitalizzazione”, si legge sul sito. Secondo l’Automobil Club, l’abolizione del certificato cartaceo permette di risparmiare “30 milioni di fogli di carta e tonnellate di inchiostro” e avvantaggia i circa 300.000 cittadini che ogni anno smarriscono o subiscono il furto del certificato e che, per averne un duplicato, devono fare denuncia a Polizia o Carabinieri. L’Aci sottolinea che, economicamente parlando, rinuncia a un bel guadagno: “In aggiunta ai grandi investimenti, per la sola eliminazione del duplicato il Pra rinuncia a 4,5 milioni di ricavi a favore di uguale risparmio per i cittadini”.
La mossa dell’Aci arriva a pochi mesi dall’approvazione della riforma della pubblica amministrazione, che prevede fra l’altro l’introduzione di “un’unica modalità di archiviazione finalizzata al rilascio di un documento unico contenente i dati di proprietà e di circolazione di autoveicoli”. La norma dovrebbe finalmente mettere fine a un costoso doppione: per ogni veicolo italiano circolante, esistono infatti due documenti – certificato di proprietà e carta di circolazione o “libretto” – custoditi in due registri – rispettivamente Pra e archivio veicoli – gestiti da due enti, Aci e Motorizzazione civile, la quale fa capo al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Angelo Sticchi Damiani, presidente dell’Aci, in un’intervista pubblicata su Quattroruote di ottobre, sostiene di essere d’accordo con la definizione di un unico documento per veicolo, “come chiesto dal presidente del Consiglio Renzi”, ma non con l’approccio dell’ex commissario alla spendi review, Carlo Cottarelli, che avrebbe voluto spostare i 2.500 impiegati dal Pra alla Motorizzazione, perché secondo i calcoli di Aci Informatica (lo stesso ente che si occupa della digitalizzazione del Pra) l’accorpamento avrebbe portato un aggravio dei costi. Sticchi Damiani sostiene la tesi (non del tutto chiara) secondo la quale la digitalizzazione del Pra sarebbe la soluzione per ottenere un documento unico senza accorpare gli enti.
“La funzione di attestazione della proprietà dell’auto, secondo noi, rimane imprescindibile, trattandosi di un bene mobile registrato”, ha detto Sticchi Damiani a Quattroruote. “L’Aci non ha mai ricevuto un euro da parte dello Stato e ha investito solo risorse proprie sulla modernizzazione delle procedure”, ha detto ancora il presidente dell’Aci per difendere il pachidermico Pra, che effettua 11 milioni di operazioni l’anno: nel 2014 1,8 milioni di iscrizioni di veicoli nuovi, 6 milioni di trasferimenti di proprietà, 1,7 milioni di radiazioni, 1,2 milioni di trascrizioni per ipoteche, fermi amministrativi e duplicati per smarrimento. Per ogni pratica, guadagna dai 13,50 ai 27 euro, per un utile netto di 33,4 milioni l’anno. Ha 106 uffici in Italia, con 2.500 dipendenti, e 5.500 agenzie collegate telematicamente.