Nessun rappresentante della società civile tra i 12 membri della commissione nominata dal ministero degli Esteri per selezionare i candidati. Il braccio operativo previsto dalla riforma nascerà quindi senza il contributo del settore non profit. Action Aid: "Rischio marginalizzazione". E qualcuno teme che al vertice venga piazzato un "politico senza esperienza"
La società civile fuori dai giochi. Il nome del direttore della nascitura agenzia per la cooperazione internazionale sarà scelto all’interno di una rosa di candidati, selezionati da un’apposita commissione: l’organismo sarà composto da personale della Farnesina, professori universitari, magistrati. Ma nessun rappresentante delle organizzazioni non governative. E le dirette interessate non nascondono il disappunto nei confronti del governo, temendo di essere messe ai margini nel complesso disegno di riforma del settore. “In questi nomi manca l’esperienza della società civile – spiega Luca De Fraia, vicesegretario generale di Action Aid – Le ong sono un pilastro fondamentale della cooperazione e meritavano di essere rappresentate. Ora rischiamo di essere marginalizzati“. Gli fa eco Silvia Stilli, portavoce della rete di ong Aoi: “Non siamo stati coinvolti dal governo, non siamo stati ritenuti all’altezza. La società civile non ha voce in capitolo”.
Il compito della commissione esaminatrice è di passare in rassegna i 131 curricula arrivati al ministero degli Esteri per candidarsi al ruolo di direttore dell’agenzia e selezionare da tre a cinque nomi. All’interno di questo ventaglio, il ministro Paolo Gentiloni dovrà scegliere il dirigente. Il 25 settembre, il ministero ha approvato un decreto che individua i dodici componenti della commissione, sei effettivi e sei supplenti. Quattro commissari vengono dalla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, organismo interno alla Farnesina, quattro sono professori universitari, due magistrati e due rappresentanti di agenzie Onu, cioè Fao e World food program. Insomma, della società civile non c’è traccia, benché lo statuto dell’agenzia preveda che “della commissione possono far parte persone estranee alla pubblica amministrazione, di comprovata esperienza nel campo della cooperazione allo sviluppo”.
La questione è delicata, perché l’agenzia sarà il braccio operativo della nuova cooperazione internazionale, secondo il disegno messo a punto dalla riforma datata agosto 2014. E le organizzazioni non governative, pur apprezzando l’impianto generale della legge, hanno già segnalato diversi punti critici legati all’applicazione della riforma, specialmente riguardo alla nuova agenzia. Ma a luglio, il governo ha approvato lo statuto del nuovo organismo senza seguire le osservazioni delle ong. In particolare, agli addetti ai lavori erano sembrati pochi i tre anni di esperienza nella cooperazione richiesti ai candidati al ruolo di direttore dell’agenzia. “Perché così pochi? – si era chiesto Nino Sergi, consigliere politico della rete di ong Link 2007 – Ci aspettavamo almeno dieci anni. C’è già in mente qualche amico o politico con poca esperienza da piazzare? Il dubbio rimane”. Un dubbio sul quale le organizzazioni non governative, escluse dalla commissione esaminatrice, non potranno vigilare.
Come non potrà vigilare il viceministro delegato alla cooperazione internazionale, altra figura di garanzia prevista dalla riforma. Questo ruolo è vacante dal 15 giugno scorso, quando Lapo Pistelli si è dimesso dall’incarico per diventare vicepresidente senior di Eni. “Come rappresentanze delle ong, a settembre abbiamo scritto una lettera al premier Matteo Renzi – spiega Stilli – Siamo molto preoccupati. Abbiamo sollecitato la nomina del viceministro, perno della legge ed elemento di garanzia anche in questo passaggio della scelta del direttore dell’agenzia. Ma dalla presidenza del Consiglio non è arrivata alcuna risposta”.