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Riforma appalti, rinviati nuovi poteri di Anac. Cantone: “Non mi entusiasma”

Su indicazione del governo, la Commissione ambiente della Camera spacchetta il nuovo codice già approvato in Senato: prima il recepimento delle direttive Ue e solo a fine luglio il testo finale che dovrebbe mettere l'Autorità anticorruzione al centro del sistema. Il presidente al Fatto.it: "Abbiamo insistito per un percorso più rapido". Il nodo delle concessionarie autostradali e la scelta della "soft law"

I nuovi poteri promessi dalla riforma del codice degli appalti all’Anticorruzione di Raffaele Cantone dovranno aspettare ancora. Lo ha stabilito la Commissione Ambiente alla Camera, facendo propria la posizione del governo. La riforma procederà in due tempi prevedendo prima – entro il 18 aprile 2016 – il recepimento delle direttive europee su contratti di concessione e appalti, e solo dopo tre mesi – entro il 31 luglio – l’approvazione del nuovo codice. Uno spacchettamento che Cantone non avrebbe voluto. “La soluzione non mi entusiasma” dice a ilfattoquotidiano.it il presidente Anac “anche se per come è stata congegnata mi preoccupa meno”. Tra le novità più importanti, inoltre, il superamento del regolamento di attuazione del codice, che sarà sostituito da alcune linee-guida scritte insieme dal Ministero delle Infrastrutture e Anac, e il ritorno alla possibilità di assegnazione del 20% dei lavori senza gara per le società concessionarie di lavori e servizi pubblici (come le concessionarie autostradali). Il testo adesso passa alla Camera.

POSTICIPATO IL CUORE DELLA RIFORMA. Con la decisione di procedere in due tempi, il Governo e la Commissione Ambiente della Camera posticipano di fatto il cuore della riforma approvata lo scorso 18 giugno da Palazzo Madama, che metteva Anac al centro del nuovo sistema di gestione degli appalti. Con il rischio, secondo l’Anticorruzione, di creare un caos giuridico per la successione di tre diversi impianti normativi che vedranno il passaggio dall’attuale vecchio codice, al recepimento delle direttive e infine al nuovo testo riformato.

Sul punto, durante un convegno di studi amministrativi tenutosi a Varenna, Cantone aveva già apertamente dichiarato che l’ipotesi dei due tempi non lo convinceva affatto. “Ovviamente mi sarei augurato l’uscita del codice tutta insieme” ammette il presidente Anac “ma una divisione organizzata così, e noi abbiamo insistito perché fosse il più breve possibile, pone minori problemi anche perché il breve periodo di interregno potrebbe rivelarsi utile: ci servirà a capire attorno a quali opzioni delle direttive sarà costruito il nuovo codice”. Dunque una mezza vittoria, rispetto alle peggiori prospettive iniziali: “All’inizio qualcuno aveva proposto un codice che sarebbe entrato in vigore a fine 2016 o addirittura a inizio 2017” racconta il presidente.

Gli emendamenti approvati dalla Commissione Ambiente contengono due ulteriori novità rispetto al testo licenziato dal Senato. Anzitutto il superamento del regolamento di attuazione del codice degli appalti, come chiesto da Anac, che sarà sostituito da linee-guida di carattere generale, sul modello della “soft law” anglosassone, che saranno scritte insieme dal Ministero delle Infrastrutture e da Anac. La soluzione di scrittura concertata è stata decisa negli ultimi giorni, dopo che Delrio aveva dato ampia disponibilità ad Anac sulla loro formulazione. “Ho proposto io questa soluzione al ministro Delrio” dice Cantone “perché credo che alcuni passaggi della scrittura richiedano un’assunzione di responsabilità di tipo tecnico-politico. Noi siamo un organismo indipendente e manteniamo gelosamente la nostra posizione” aggiunge. “La formulazione delle linee-guida” continua il presidente Anac “può richiedere scelte di politica economica ed industriale, e noi non dobbiamo fare politica”. Bisognerà adesso capire come si realizzerà il tandem concretamente, visto che già l’idea delle linee-guida rappresenta “un cambiamento epocale, che fa storcere il naso a diverse persone”.

AUTOSTRADE, LA VITTORIA DELLE CONCESSIONARIE. Infine le concessionarie, in primis quelle autostradali, che hanno ottenuto l’allentamento della norma dopo averlo chiesto a gran voce con il sostegno delle tre principali sigle sindacali. Il testo approvato dal Senato stabiliva l’obbligo per le società concessionarie di affidare tutti i contratti di importo superiore a 150mila euro mediante procedura ad evidenza pubblica. Ovvero con una gara aperta a tutti, invece di svolgere i lavori in proprio. In risposta le concessionarie autostradali avevano annunciato licenziamenti, sollevando le proteste dei lavoratori contro la riforma. L’approvazione nella notte di mercoledì dell’emendamento a firma del deputato Pd Piergiorgio Carrescia ripristina una zona franca, del 20% dei lavori, che le concessionarie potranno affidare senza gara. “Sembra un ritorno indietro ma la decisione ha una ragione” spiega Cantone, che è stato sentito anche su questo. “Questa soluzione serve a non buttare a mare l’esistente, ossia le società in house, evitando però che il ricorso a tali società servano ad aggirare il codice degli appalti, cosa che sarebbe successa se la possibilità di appalti senza gara fosse stata concessa a 360 gradi”.

Per il resto il testo approvato dalla Commissione Ambiente, presieduta dal Pd Ermete Realacci, non ha apportato modifiche di particolare rilievo. A parte il riferimento all’“espresso superamento” della legge obiettivo. Restano dunque confermate le deleghe al Governo per la semplificazione della normativa, il divieto di deroghe, la centralizzazione delle committenze e la riduzione delle stazioni appaltanti, l’introduzione del “dibattito pubblico” con le comunità locali interessati alla realizzazione delle grandi opere, il nuovo sistema di qualificazione degli operatori secondo “criteri reputazionali” e i nuovi poteri all’Anac. Ma per tutto questo bisognerà aspettare la prossima estate.