Scaduto ieri il termine per la presentazione degli emendamenti: sono in tutto 400. Solo due settimane per esaminarli, poi in Aula il 19 ottobre per il via libera definitivo. In campo il presidente della Vigilianza Fico che ha sostituito in commissione Trasporti la collega Spessotto del M5S. E che accusa: “No al super amministratore delegato, tra le criticità del testo anche le procedure di nomina del Cda e l’affidamento degli appalti”. Fratoianni (Sel) boccia il ddl: “Così avremo un Consiglio lottizzato insediato con la Gasparri e un ad telecomandato da Palazzo Chigi”
Il termine scadeva ieri mattina alle 10. Ultima chiamata per la presentazione degli emendamenti al disegno di legge (ddl) di riforma della Rai e del servizio pubblico radiotelevisivo già approvata in prima lettura dal Senato. Uno dei più delicati e spinosi provvedimenti di iniziativa governativa piombato sul tavolo delle commissioni Cultura e Trasporti della Camera riunite in seduta comune, dove si preannuncia già un durissimo scontro tra maggioranza e opposizioni. Non è un caso che, per giocare la difficile partita, il Movimento 5 Stelle abbia deciso di schierare in prima linea addirittura il presidente della commissione di Vigilanza sulla Rai, Roberto Fico (nella foto). Che, pur non essendo membro di nessuna delle due commissioni, sostituirà la collega Arianna Spessotto (in commissione Trasporti) per seguire personalmente l’intero iter del disegno di legge del governo guidato da Matteo Renzi.
SUPER AMMINISTRATORE – “Il fatto che perfino il presidente della Repubblica Sergio Mattarella abbia dedicato un passaggio del suo discorso di insediamento al ruolo del servizio pubblico e al pluralismo dell’informazione dimostra quanto alta sia la posta in gioco”, spiega il componente del direttorio del M5S, motivando la sua partecipazione all’esame della riforma. Una riforma sulla quale il governo è tornato a premere sull’acceleratore. I tempi, del resto, sono strettissimi: appena due settimane per esaminare i circa 400 emendamenti presentati in commissione con l’obiettivo di inviare il provvedimento in Aula già il 19 ottobre. “Hanno fretta e il motivo è evidente: vogliono trasferire tutti i poteri nelle mani di un amministratore delegato telecomandato direttamente da Palazzo Chigi”, accusa il coordinatore nazionale di Sinistra ecologia e libertà (Sel) e membro della commissione di Vigilanza, Nicola Fratoianni. Del resto, la battaglia più cruenta si combatterà proprio sulla trasformazione dell’attuale direttore generale della Rai in amministratore delegato e sui relativi poteri. Troppo sbilanciati a suo favore, secondo le opposizioni, a discapito del consiglio d’amministrazione nel nuovo schema di governance, fondato sul binomio ad-cda. Schema che, nella forma, coincide con quello proposto anche dai grillini. “Ma con delle differenze sostanziali”, avverte Fico. Innanzitutto di metodo: “E’ inaccettabile eleggere un cda con la Legge Gasparri e poi stravolgere in corsa la figura del direttore generale trasformandolo in amministratore delegato: se il governo è in ritardo sull’approvazione della sua stessa legge, non può pensare di rimediare dando vita ad un abominio giuridico”. Che Fratoianni sintetizza così: “Un cda eletto con la Gasparri che incarna il massimo della lottizzazione e un amministratore delegato diretta emanazione del governo. Un capolavoro”.
CDA ESAUTORATO – Ma non mancano neppure i rilievi di merito. “Renzi aveva annunciato la riforma della Rai al grido di ‘via i partiti da Viale Mazzini’ – prosegue il presidente della commissione di Vigilanza –. Ma poi vuole dare vita ad una riforma che consente al governo di nominare un ad con pieni poteri senza nessun contrappeso”. Il riferimento di Fico è al nuovo sistema di selezione del cda: “Dal momento che nell’elezione dei consiglieri di amministrazione è possibile esprimere un’unica preferenza, di fatto la maggioranza avrebbe i numeri per eleggersi l’intero consiglio”. Per questo il M5S presenterà un emendamento soppressivo (in tutto, le proposte di modifica presentate dai grillini sono una settantina), puntando a catapultare nel ddl del governo le parti della propria proposta di legge relative alla governance della Rai. “Noi proponiamo un iter fondato sul merito, la competenza e l’onorabilità, affidando all’Autorità garante per le comunicazioni (Agcom) l’esame dei curricula e la selezione degli idonei tra i quali sorteggiare i consiglieri di amministrazione – chiarisce Fico –. A questo punto, un’apposita commissione parlamentare, controllerà i profili dei prescelti ratificandoli con un voto che può essere, però, anche negativo: se almeno i due terzi dei componenti della commissione boccia la nomina, si procede ad un nuovo sorteggio fra gli idonei”. Non solo. Il M5S chiede anche l’introduzione di una norma anti-conflitto d’interesse: chi è stato parlamentare o ha rivestito una carica di governo è incompatibile con il ruolo di consigliere di amministrazione per i 7 anni successivi alla cessazione del precedente incarico.
APPALTI FUORI CONTROLLO – Ma le criticità della riforma, secondo il Movimento 5 Stelle, non riguardano solo la governance. C’è, per esempio, anche il nodo degli stipendi dei vertici di Viale Mazzini da sciogliere. Nonostante il tetto dei 240 mila imposto per legge ai manager pubblici, per quelli della Rai è bastata l’emissione di un bond (un titolo di debito) da 350 milioni sul mercato per aggirare il limite imposto dalla legge, che non si applica alle società, anche se a controllo pubblico, quotate in Borsa. Risultato: 650 mila euro l’anno all’attuale dg e ad in pectore Antonio Campo dall’Orto e 366 mila per la presidente Monica Maggioni. “Anche su questo punto abbiamo presentato un emendamento per ripristinare il tetto pure in Rai”, annuncia Fico. Che punta il dito anche contro un’altra anomalia di Viale Mazzini che, a suo avviso, la riforma finirebbe per aggravare. Si tratta del sistema di assegnazione degli appalti. “Con questa legge si riducono, praticamente annullandoli, tutti i controlli sulle procedure di affidamento attraverso la cancellazione di ogni criterio, anche minimo, di trasparenza – accusa il presidente della commissione di Vigilanza –. Nonostante, proprio sul fronte degli appalti, siano state riscontrate numerose irregolarità con la conseguente apertura di diverse indagini interne. Se l’obiettivo era quello di snellire le procedure di affidamento, non è certo questo il modo per ottenerlo”. Anche su questo punto della riforma, il M5S promette battaglia. Con un emendamento che propone di applicare alla Rai la disciplina prevista dal codice degli appalti. Ultima questione: i dati degli ascolti dei programmi televisivi. “Occorre un sistema di rilevazione che assicuri certezza e trasparenza – spiega ancora Fico –. I dati devono essere certificati per impedire che gli ascolti diventino un’arma da utilizzare in maniera impropria contro o a favore di un determinato programma, interferendo con i palinsesti”. Un principio che il M5S vuole introdurre nella riforma con un altro emendamento.
CLIMA TESO – Una partita, quella sulla Rai, che si apre tra le polemiche e le tensioni innescate dagli affondi a testa bassa contro il terzo canale del servizio pubblico da parte di autorevoli esponenti del Partito democratico. Dall’accusa di “giornalismo camorristico” partita dal governatore della Campania, Vincenzo De Luca, agli attacchi del commissario della Vigilanza, Michele Anzaldi, contro i direttori di Rai3 e del Tg3, Andrea Vianello e Bianca Berlinguer. Tensioni che il premier Matteo Renzi ha provato a smorzare (“Non c’è alcun editto bulgaro”) lasciandosi intervistare dalla stessa Berlinguer. Ma senza convincere più di tanto le opposizioni. “Un quadro inquietante”, lo definisce Fratoianni. Mentre Fico diffida della marcia indietro del presidente del Consiglio. “A prescindere dal sapore riparatorio dell’intervista che Renzi ha concesso al Tg3, non ho sentito dalle sue parole alcuna presa di distanze rispetto alle posizioni di Anzaldi – fa notare l’esponente del M5S –. Che può certamente esprimere le sue opinioni, ma che con i suoi diktat contraddice il compito che un commissario della Vigilanza è chiamato ad assolvere per garantire il pluralismo dell’informazione”. Insomma, un clima da guerra fredda. Preludio della prossima battaglia nel campo minato della riforma Rai.
Twitter: @Antonio_Pitoni