La Diocesi in un articolo sul settimanale "Sette" attacca la scelta di Simona Vinci che pochi giorni fa aveva annunciato: "Mi sposo per tutelare mio figlio"
La Chiesa contro le nozze della scrittrice Simona Vinci. L’annuncio su Facebbok è arrivato nei giorni scorsi: “Ci siamo sposati per tutelare nostro figlio”, ha scritto in un post. Ma mai avrebbe pensato che la sua scelta sarebbe stata attaccata dalla Diocesi di Bologna: “Quel matrimonio è nullo”. Il commento è stato pubblicato sul settimanale diocesano ‘Bologna Sette’ in edicola domenica 4 ottobre (nel giorno dell’inizio del Sinodo sulla famiglia nel quale il cardinale bolognese Carlo Caffarra si candida ad avere un ruolo da protagonista) dove un articolo del giudice Paola Cipolla critica la decisione della scrittrice.
“Ci siamo sposati per tutelare nostro figlio”, aveva scritto Vinci, “e perché le leggi dello Stato Italiano non garantiscono l’assistenza e la facoltà decisionale della compagna e del compagno di vita in caso di gravi malattie che purtroppo possono capitare. Non ho mai avuto il mito del matrimonio romantico e trovo una pagliacciata tutto ciò che ruota attorno ad un contratto. Bisognerebbe svincolare questo contratto dall’aspetto ‘sessuale’. Una famiglia può benissimo essere un patto tra persone (amici, amiche) che condividono oneri, diritti e doveri per scelta e per affetto. La spesa, alla faccia del business dei matrimoni sfarzosi, è stata di 16 euro in marca da bollo”.
Dura la replica della diocesi, attraverso il giudice del tribunale ecclesiastico e avvocato Paola Cipolla. “Non si può – è scritto nell’articolo del quale è stata diffusa un’anticipazione – decidere di sposarsi solo perché così si ottengono diritti e benefici che diversamente, non si avrebbero secondo la legislazione vigente. Così tutto perde il suo senso, diventa un pro-forma, una farsa, una simulazione: per l’ordinamento italiano quel matrimonio è nullo, così come è nullo il matrimonio celebrato al solo fine di acquistare la cittadinanza. Il matrimonio è di più, molto di più. Il senso di celebrare il matrimonio non può stare nella ricerca di una tutela istituzionale”.
Giulio Pierini, sindaco di Budrio, è intervenuto per difendere la regolarità del matrimonio: “Non esiste alcun elemento per mettere in discussione la regolarità delle nozze. Non possono essere messi in discussione i sentimenti e l’affetto. Chi siamo noi per giudicare i progetti di vita di quella che era già una famiglia molto prima di martedì scorso?”.