Nelle ultime ore si è tornato a parlare di Nigeria e di Boko Haram, che ha usato, nuovamente, delle bambine come vere e proprie “bombe umane”. Da parte dei terroristi islamici affiliati al Califfato, c’è un nuovo salto di qualità nell’efferatezza dei loro attacchi. Abbiamo da molti decenni conosciuto i kamikaze, dal Giappone alla Germania in virtù di un forte spirito nazionale, dalla Palestina all’Afghanistan nella convinzione di scegliere il martirio, sicuri di una ricompensa dal loro Dio. Una scelta consapevole, dunque, fatta da desiderosi di morire per combattere così con la propria vita gli occupanti o gli infedeli.
Il termine kamikaze significa “vento divino”, sorta di uragano che piomba, senza possibilità di riparo per gli obiettivi scelti, al costo più alto, inconcepibile umanamente per l’istinto di sopravvivenza che è in noi. Quello che sta avvenendo in Nigeria, supera tutto questo, pur già difficile da concepire e giustificare e rende plastica una teoria che riduce il mondo femminile a “cosa”. Mandare a morire delle bambine inconsapevoli e’ il più atroce atto di viltà. Incomparabile con qualunque altro.
In natura non esiste specie animale o vegetale che preferisca salvare gli esemplari adulti rispetto ai giovani, che non abbia cura della propria infanzia. Implicitamente garantendo così alla propria specie l’eternità o almeno la sua prosecuzione. Boko Haram è riuscita a distruggere anche questo principio fondamentale sacrificando l’infanzia, scegliendo con sprezzo quella “parte del cielo” che non è considerata la metà ma solo merce, merce di scambio. Brutalizzando le donne, coprendole integralmente, cancellandone i diritti escluso quello di essere abusate e uccise, quando lo decide l’uomo.
Credevamo fosse un istinto naturale, imprescindibile per tutti quello di amare i più piccoli, ma è evidente che per questi signori dell’orrore, le bimbe invece possono essere sacrificate per la loro assurda causa. Non esiste alcun Dio capace di perdonare tale abominio.
È evidente che, secondo gli jihadisti, la prosecuzione della specie, della cultura e della loro società stessa, dipenda unicamente dai maschi e pure nel scegliere bambine-kamikaze c’è una strategia militare, nascondere sui corpi delle persone meno sospettabili in assoluto, la morte che si vuole portare.
La concezione del mondo femminile per i maschi combattenti jadisti è qualcosa che l’Europa non ha conosciuto mai, neppure nel Medioevo. E del resto, lo stesso mondo arabo non ha mai manifestato una tale brutale perversione e violenza. Tutte le società si sono rese capaci di efferatezze disumane nei confronti dello straniero, del diverso, ma arrivare a mandare a morte le proprie figlie, usandole come armi, ci procura un dolore che non ha uguali.
Ci pare di vederle allontanarsi dalle loro madri piangenti, obbedendo ad una volontà spietata, truculenta, vorremmo essere lì per fermarle, stringerle a noi, liberarle da quell’odio insensato che le considera niente altro che strumenti di morte, fermare questo film dell’orrore senza fine, ma invece siamo qui. Restiamo qui impotenti a leggere, ad assistere alla più grave delle offese verso l’umanità.
Serve, ben oltre lo sdegno, un impegno maggiore degli organi internazionali, per promuovere una cultura improntata alla parità vera dei sessi, per portare ed affermare il principio del diritto alla vita sempre, in ogni angolo del mondo. Tante sono le sfide che, nel silenzio, perdiamo ogni giorno, quando inorridiamo, piangiamo e poi voltiamo pagina. Dimenticando. #bringbackourgirls, non sono tornate le nostre ragazze rubate come oggetti inanimati dai gruppi di Boko Haram due anni fa, la guerra alla specie femminile continua. Non dimentichiamolo.