“Lascia ch’io pianga, mia cruda sorte, e che sospiri la liberta’ “: di qui a poco non resterà che intonare supplici quest’aria di Handel perché ci venga concessa una licenza di qualche minuto che permetta di abbandonarci a un momento di tristezza senza incorrere in sanzioni. Già, perché l’epos contemporaneo non contempla in alcun modo tutto ciò che si discosta dalla maniacalità dell’ottimismo: la lirica renziana è gaia, giuliva, esultante; non esistono zone d’ombra; il chiaro-scuro è bandito per legge.
Insomma, nella notte in cui tutte le vacche sono fucsia, è peccato indulgere a diffidenze, critiche e scetticismi. Ed è con questa chiave di lettura che vanno interpretate le parole di Michele Anzaldi, segretario della commissione Vigilanza: “C’è un problema con Rai Tre ed è un problema grande, ufficiale. Purtroppo non si sono accorti che nel Pd è stato eletto un nuovo segretario, il quale è poi diventato anche premier”. E ciò che rende palese il fatto che non se ne siano accorti è l’ostinazione con la quale insistono a voler raccontare un mondo a colori, sottraendosi a una realtà virata al rosa: non c’è più spazio per narrazioni che si sottraggano alla dittatura dell’entusiasmo
Ogni punto di vista che violi questo protocollo è identificato come sovversivo e dunque da isolare e marginalizzare: il galateo dell’attuale governo considera maleducazione sedersi su una poltrona e criticare lo stato attuale delle cose: insomma dissentire è un po’ come masticare con la bocca aperta. Ed ecco che se il talk show non diventa pink show, monocromaticamente distensivo e rassicurante, è meglio che si tolga di torno.
Le parole di Anzaldi, dietro i problemi di minutaggio dell’Osservatorio di Pavia e dietro gli attacchi personali a Vianello, Berlinguer and co. celano una verità molto più profonda: l’intento è quello di cancellare progressivamente l’identità della terza rete, quella rete eversiva, tutt’altro che rassicurante, che per oltre trent’anni è stata considerata organica all’ei fu PC. Per il presidente del Consiglio, che sta cercando meticolosamente di disperdere gli ultimi testardi manifestanti della sinistra in Parlamento, è un assoluto non senso che esista ancora una rete disposta a portarne le istanze: Rai Tre ha fatto il suo tempo, non è più necessaria; è tempo che il nastro sia riavvolto al 1980, prima di Agnes, prima di Curzi, prima che la sinistra potesse parlare via cavo. Quando si paragona il senso di Renzi per la Rai all’editto bulgaro berlusconiano si compie un errore di sottovalutazione: Berlusconi mirava ad isolare il carisma di personalità forti a lui ostili pensando che ne potessero oscurare il prestigio; quella di Renzi è una bonifica estesa, completa, che prescinde il singolo giornalista e il singolo conduttore, ma che mira piuttosto a depurare la politica e l’informazione da quel che resta della triste sinistra.
“Sto bene come sto adesso, è la prerogativa dell’ossesso!”, diceva Julian in ‘Porcile’ di Pierpaolo Pasolini; e continuava: “Perché se tu mi vedessi un solo istante, così come sono in realtà, scapperesti terrorizzata a chiamare un dottore, se non addirittura un’autoambulanza, hurrah!”.
Hurrah!