Una recente ricerca di Altroconsumo ha evidenziato che, con il perdurare della crisi economica, il 46% delle famiglie rinuncia ad alcune cure sanitarie primarie perché non è in grado di sostenerne i costi. Il 14% del reddito familiare annuo è destinato alle spese mediche, ogni famiglia spende circa 2000 euro/anno per prestazioni essenziali, e il 13% si indebita per curarsi. Il 38% dei nostri concittadini rinuncia alle cure odontoiatriche, il 22 % a quelle oftalmiche e il 15 % alla riabilitazione.
Le conseguenze non tardano a farsi sentire prima di tutto nella stessa famiglia e quindi nella società: chi non segue un percorso di riabilitazione fisica rimarrà dipendente da altri per la deambulazione e per molte delle azioni quotidianamente necessarie per poter sopravvivere (andare in bagno, vestirsi, lavarsi…) se oltretutto ha problemi di vista la dipendenza sarà destinata ad aumentare: per un periodo i familiari ne sosterranno il peso, poi sarà inevitabile ricorrere a un/una badante con ulteriori spese; se invece la famiglia non potrà permetterselo il proprio congiunto scivolerà pian piano in uno stato di abbandono. Chi non ha la possibilità di curarsi i denti o di ricorrere ad una protesi avrà la necessità di modificare l’alimentazione, di avere dei pranzi differenti da quelli del resto della famiglia, di assumere cibo liquido sviluppando una probabilità maggiore di un deperimento psico-fisico che potrà condurre alla necessità di interventi sanitari.
E’ in questo contesto sociale che si inserisce il decreto del governo sulle 208 prestazioni sanitarie “inappropriate”, tra le quali ci sono ad esempio molte cure odontoiatriche con le conseguenze già illustrate. Che nella sanità ci siano sprechi e spese inutili è certo. Ma è necessario individuarne bene le ragioni e colpire nei posti giusti. Ad esempio in Lombardia lo scandalo della S.Rita e di parecchie altre cliniche private era finalizzato ad ottenere i rimborsi gonfiati previsti dalle leggi regionali volute da Formigoni, ma nulla è stato fatto per modificare tali leggi ed evitare ulteriori truffe; nonostante la campagna nazionale lanciata da Libera sulla malasanità e sulla corruzione nel Ssn nulla è stato fatto per rendere trasparenti e sottoporre a controllo i bandi attraverso i quali vengono assegnate le commesse, quelli famosi per cui il costo di una siringa aumenta di 5 volte da una Asl a un’altra; nonostante la crisi non sono stati toccati i mega stipendi dei direttori generali e dei direttori sanitari delle Asl, delle aziende ospedaliere, dell’Inps ecc. E non sono pochi. Ne si è deciso di investire nella formazione dei medici anche per migliorare l’appropriatezza delle cure; resta in vigore la presa in giro dei 50 punti ECM che ogni medico deve totalizzare ogni anno e che si risolve o con qualche corso ospitato da un’azienda farmaceutica in amene località o con la compilazione di gruppo di questionari online.
Strumenti per risparmiare quindi ce ne sono, ma si è scelta un’altra strada confondendo volutamente le carte. Indicare come inutili gli esami che non hanno portato a individuare una patologia è una stupidaggine, la sola visita medica, la semeiotica, non è sempre sufficiente per individuare l’eziologia di una malattia. Gli esami diagnostici servono quindi proprio per confermare o escludere un’ipotesi diagnostica, per individuare l’origine di un malessere prima di intraprendere un percorso terapeutico/riabilitativo che altrimenti sarebbe destinato a produrre ulteriori costi senza la certezza di essere sulla strada giusta. Il ricorso alla Risonanza e alla Tac, due degli esami posti sotto accusa dal decreto del governo, nella maggioranza dei casi ha questo significato e spesso, come hanno confermato diversi ascoltatori della trasmissione radiofonica che conduco con Alessandro Braga su questi temi (“37e2” ogni venerdì alle 10,35 su Radio Popolare), proprio tali tecniche diagnostiche hanno permesso di evitare importanti errori clinici. In questo caso stiamo parlando non di prevenzione primaria, che è la vera cenerentola del nostro Servizio Sanitario Nazionale, ma di diagnosi precoce che non è certo meno importante.
Non comprenderlo e mettere tutto nel calderone degli esami inutili da esporre al pubblico ludibrio è segno di ignoranza o molto più probabilmente ha come obiettivo indirizzare ulteriori fette importanti della spesa sanitaria verso la sanità privata, spesso gestita dagli amici degli amici di chi siede nei ministeri e negli assessorati. Se il decreto sarà confermato così come è stato annunciato, il risultato è scontato: aumenteranno coloro che non si cureranno, con tutte le conseguenze familiari e sociali indicate, e aumenterà il numero di coloro che, potendoselo permettere, si rivolgeranno alla sanità e alle assicurazioni private. Già oggi la spesa sanitaria privata sostenuta dagli italiani sfiora i 30 miliardi di euro.