Pochi giorni fa, il sito d’informazione The Daily Beast ha innescato una dura polemica nei confronti di Roberto Saviano. L’accusa dell’articolo firmato da Michael Moynihan è rivolta a ZeroZeroZero appena pubblicato negli Usa. Le stroncature letterarie sono come il dissenso in politica, non vanno criticate perché, anche se a volte faziose, sono fondamentali per sviluppare un dibattito critico. Ma l’intento del The Daily Beast non era stroncare ZeroZeroZero, le accuse di plagio sono state smontate punto per punto dallo stesso Saviano, ma colpire uno scrittore simbolo.
Saviano, con il suo successo intercontinentale, oltre a donare al nostro Paese un immenso patrimonio di consapevolezza e di coraggio civile latente, ha pure messo in marcia l’esercito degli invidiosi e dei critici di professione. Un esercito di astiosi in cui si sono arruolati diversi dei suoi colleghi che anelerebbero a ricevere anche solo un briciolo della sua fama. Un esercito armato sovente, proprio da quel potere criminale che vuole sminuire, dileggiare e depotenziare le voci libere. Proprio come successe con don Peppe Diana, il prete ucciso nel 1994 a Casal di Principe da dei vigliacchi che lo freddarono nella sua sagrestia. La sagrestia fu un luogo simbolo, che secondo una perversa interpretazione del Vangelo, voleva trasmettere il messaggio che il prete deve fare il prete e restare in chiesa. Invece don Peppe, da vero cristiano, usciva da quella chiesa e invitava i suoi concittadini a salire sui tetti e denunciare lo schifo della camorra.
Il nostro Paese è in debito nei confronti di uno scrittore come Roberto Saviano. In debito anche verso giornalisti di grande umanità e spessore come Sandro Ruotolo, di recente minacciato dal boss Zagaria. Queste sono luci che hanno illuminato il volto di un’Italia sempre più sfregiata dalla criminalità organizzata e da una politica complice.
Le infondate accuse americane su ZeroZeroZero, la calunnia di definirlo un libro “incredibilmente disonesto”, sempre se fossimo un Paese normale, sarebbero state rigettate al mittente da tutta la società civile, a partire dal presidente del consiglio, perché false e finalizzate a colpire un simbolo italiano. E i simboli vanno difesi. Non lasciati infangare. Ma il nostro è un Paese strano, ci si indigna e si discute fino al parossismo perché l’India si permette di voler processare i due marò accusati di omicidio. Si sbraita e ci si indigna contro questa “folle” richiesta di giustizia perché loro sono un simbolo, dimenticandosi quei poveri pescatori assassinati mentre lavoravano armati solo di reti per garantire sussistenza alle proprie famiglie. Il nostro è un Paese che ha perso il senso della verità.
Un premier normale, uno di quelli che si fanno eleggere dai cittadini, avrebbe dovuto ascoltare l’urlo di dolore di uno scrittore che, quest’estate, si è fatto voce dei tanti che, al sud, nonostante l’atavica assenza, continuano a credere allo Stato. I simboli vanno ascoltati e non liquidati con superficialità accusandoli di alimentare piagnistei.
Attaccando Saviano si attacca un Paese che resiste e denuncia. Attaccando Saviano si attaccano coloro che vogliono mescolare le carte servite dal potere economico mafioso istituzionalizzato. Non difendendo Saviano si è complici.
Come si è complici negando, come hanno fatto alcuni sindaci campani, l’autorizzazione a far girare le puntate della serie di Gomorra nella propria città. Guardarsi allo specchio, assumere la consapevolezza del cancro criminale che si estende sempre di più, è il primo doloroso passo per intraprendere la strada della consapevolezza e del riscatto sociale.
Ancora ricordo l’ignobile affermazione di Berlusconi premier che accusò Saviano di far pubblicità alle mafie. Una frase pronunciata da un futuro pregiudicato e da un uomo il cui più stretto collaboratore Marcello Dell’Utri è stato condannato in via definitiva per concorso esterno con Cosa nostra. Berlusconi che accusò Saviano dopo aver guadagnato dalle vendite di Gomorra e dopo aver stravolto la vita di un ragazzo che è ancora costretto a nascondersi. In un Paese normale non dovrebbe essere Saviano a nascondersi. A nascondersi dovrebbero essere quei politici che, in regioni come la Campania, hanno ricevuto il voto dei cittadini ma poi fatto gli interessi della camorra. A nascondersi dovrebbero essere anche quei deputati della Lega Nord che dopo 20 anni di becero anti meridionalismo votarono nel gennaio 2012 contro l’arresto di Nicola Cosentino. Quel Cosentino, di recente arrestato, che di lui il boss pentito Carmine Schiavone disse: “Io ero amico di Nicola Cosentino. Io intervenni anche per far votare Cosentino”.
Roberto Saviano è un volto bello del nostro Paese e proteggerlo significa tutelare quella parte di Paese che resiste alla peggiore deriva culturale che la nostra storia abbia mai registrato.