Era la partita più importante del rugby azzurro degli ultimi quattro anni. L’Italia l’ha onorata quanto e finché ha potuto, con una delle migliori prestazioni della gestione Brunel. Non è bastato contro l’Irlanda, campione degli ultimi due Sei Nazioni e tra le favorite in Inghilterra. Gli irlandesi vincono 16-9 (10-6 il parziale), l’Italia torna a casa. Matematicamente eliminata, ancor prima di giocare l’ultima partita contro la Romania. I Mondiali di rugby 2015 per noi sono già finiti.
Ancora una volta è rimandato di altri quattro anni il sogno di superare il girone ed entrare nelle prime otto al mondo. Onestamente, l’Italia oggi non le vale. Ma per il grande appuntamento si presenta nella veste migliore, superando i propri limiti e recuperando a tempo di record il suo leader tecnico e carismatico. Parisse è in campo dopo l’infortunio e un mese senza allenamenti. E la nazionale con lui si trasforma, da subito. Al fischio d’inizio teniamo palla per cinque minuti, al primo cambio di possesso l’Irlanda affonda e con un piazzato di Sexton porta a casa i primi tre punti. Suona il campanello d’allarme della disciplina, già tante volte fatale alla formazione di Brunel (da ultimo nel match inaugurale perso con la Francia). Ma l’Italia c’è, almeno di testa. E impatta con un calcio di Allan. L’equilibrio dura fino al 20’, quando da una touche rubata sui 22 metri nasce la meta irlandese di Earls. Sarà l’unica della partita, risulterà decisiva.
L’Italia, però, è ispirata. E pure Allan, che col destro fa subito 6-10. A quel punto ci sarebbe la possibilità di un altro calcio per accorciare ulteriormente. Parisse, invece, sceglie di andare in rimessa laterale. Di presunzione o generosità, è comunque un grave errore: gli azzurri perdono malamente la touche e un’occasione importante. Il parziale si chiude con una gran difesa azzurra che evita la seconda meta taglia gambe. È una buona notizia, ce ne sono tante nel primo tempo. Squadra viva, Parisse che regge, Allan preciso e Gori reattivo. I quattro punti di differenza sono frutto dei dettagli, di quella scelta infelice del capitano. E della maledetta touche che proprio non funziona: infatti nella ripresa c’è Giazzon al posto di Manici, disastroso nei lanci. Il nuovo entrato si presenta con un confortante tre su tre nei primi minuti del secondo tempo.
Il cambio fa la differenza. Aggiustata la rimessa, l’Italia ha solide basi per mettere alle corde gli avversari. Furno arriva a due centimetri dalla meta, il forcing iniziale produce comunque un calcio che stavolta Allan si affretta a piazzare. La rimonta, però, si ferma sul più bello: arrivati a un solo punto di distanza l’Italia si spegne lentamente. Un po’ per la solita mancanza di disciplina che ci ricaccia a meno sette (altri due calci di Sexton). Un po’ per la stanchezza che si fa sentire, come dimostra la girandola di cambi (Zanni per uno sfinito Parisse, Rizzo, il vecchio Bergamasco e il giovane Canna). L’ammonizione di O’Mahony (giallo davvero ingenuo) ci permette di giocare gli ultimi otto minuti con l’uomo in più. Ma la benzina è finita e con tanta esperienza gli irlandesi non ci lasciano più avvicinare alla loro area. Niente impresa, vincono i più forti. Resta il rimpianto per la partita un po’ buttata contro la Francia, avversario molto più battibile di questa Irlanda, che al momento è la squadra più forte d’Europa. E oggi ha sofferto tanto.
Conta poco. L’Italia è eliminata ma il Mondiale non è ancora finito: domenica prossima c’è l’ultima sfida contro la Romania. Avversario di altra caratura, motivazioni diverse. Meno suggestive, forse, comunque importanti: in palio c’è il terzo posto del girone che garantisce la partecipazione di diritto alla prossima edizione (Giappone 2019). A quel punto tanti giocatori di questa – da Bergamasco in giù – lasceranno, finirà un ciclo. L’Italia del rugby dovrà ripartire (quasi) da zero.