Nel 2011 il re delle cliniche ha prestato 10 milioni al capo di Ala salvandolo da un'esposizione enorme contro il Credito Fiorentino. Ora il primo sta con Berlusconi l'altro sostiene il governo Renzi
C’è un contratto tra due politici che in queste ore è tornato di stretta attualità. È stato firmato il 10 febbraio 2011 da Denis Verdini, 64 anni, e da Antonio Angelucci, 71 anni, deputato di Forza Italia. L’atto di finanziamento è finito nelle carte depositate dalla Procura di Roma in vista del processo contro Verdini, imputato di avere ricevuto un finanziamento illecito di un milione di euro da un altro ex senatore di centrodestra, il bresciano Riccardo Conti. Con quel contratto e con i successivi bonifici Angelucci ha prestato ben 10 milioni di euro a Verdini salvandolo da un’esposizione enorme contro il Credito Fiorentino. Il punto è che Verdini è il leader di un movimento politico, Ala, che conta 19 parlamentari e sostiene le riforme del Governo Renzi. Mentre Angelucci è un deputato di Forza Italia rimasto fedele al Cavaliere ed è quindi contrario a Renzi e alle sue riforme. I due parlamentari apparentemente dovrebbero essere su posizioni politiche distanti ma in realtà come tutti sanno sono amici e si vedono spesso alla mattina al bar Ciampini.
Il gruppo Angelucci possiede molte cliniche e ospedali nel Lazio e vanta un credito conteso oscillante tra i cento e i duecento milioni di euro che la Regione Lazio, guidata da Nicola Zingaretti dovrebbe pagare alla Tosinvest. Ci sono di mezzo un paio di processi penali e uno della Corte dei Conti. Il 27 maggio il presidente della Regione Nicola Zingaretti, Angelucci e Verdini si incontrano a Montecitorio. “Il gruppo San Raffaele (gruppo Angelucci, ndr) è in crisi, abbiamo parlato di sanità”, avrebbe detto Zingaretti secondo alcuni giornali precisando che era il suo primo incontro con Verdini.
Il Giornale d’Italia, diretto da Francesco Storace scriveva che l’incontro avviene “proprio all’indomani dell’annuncio da parte del gruppo San Raffaele, di proprietà della famiglia Angelucci, circa il licenziamento di 3.000 lavoratori e 140 ricercatori per la mancanza di risorse finanziarie. Il gruppo vanta ben 200 milioni di euro nei confronti della Regione”. Il 16 giugno su Il Corriere di Roma e del Lazio, diretto da Giovanni Tagliapietra, già vicedirettore di Libero, fatto fuori in una ristrutturazione nel 2011, appare un commento anonimo firmato con lo pseudonimo “Reporter”: “Che fine hanno fatto i licenziamenti nella sanità privata capitolina? (…) La Regione dal canto suo – scrive Reporter – dopo aver dichiarato in una nota le sue ragioni ha taciuto. Si sono messi d’accordo? Quell’indimenticabile colloquio sui comodi divani di Montecitorio tra Angelucci, Verdini e Zingaretti ha prodotto dei risultati. Se Renzi ha giocato con il patto del Nazareno, per Zinga c’è un ‘patto del Transatlantico’, che ha almeno congelato la situazione?”.
Cosa è accaduto dopo quell’incontro? Il coordinatore della cabina di regia sanitaria della Regione, Alessio D’Amato, spiega: “I tavoli di verifica sulle somme contestate continuano a lavorare. Non abbiamo sbloccato nessun pagamento”. C’è stata però una novità. Come spiega D’Amato: “La Regione ha chiesto recentemente alla Procura di permettere al nostro Nucleo Operativo di andare a verificare le cartelle sequestrate nel processo al gruppo che altrimenti non erano visibili ai nostri funzionari”. Se questa sia la prima mossa per arrivare poi a un pagamento o a un accordo con il gruppo Angelucci lo si vedrà. Certamente Angelucci ha tante cose da chiedere a Zingaretti il 27 maggio. Nei mesi successivi la crisi tra Verdini e Berlusconi si accentua e il 23 luglio arriva l’addio.
Oggi è interessante leggere cosa c’è scritto nel contratto di finanziamento del 10 febbraio 2011. “Complessivamente, dunque, Denis Verdini, alla data del 12 febbraio 2011, in proprio e quale fideiussore di Simonetta Fossombroni (la moglie, ndr), è esposto nei confronti della Banca per l’importo di euro 9.344.445,86, oltre interessi e spese”. Il credito è garantito dall’ipoteca su quattro immobili di pregio intestati alla moglie di Verdini a San Casciano Val di Pesa e dal pegno sulle quote della società Montartino Srl i cui soci sono la stessa moglie, al 90 per cento e Verdini con il 10 per cento. Montartino “è proprietaria di un prestigioso immobile posto in Firenze” (…) “la proprietà si compone di sette ettari e comprende oltre la villa padronale, una casa, un campo di calcio, un campo da tennis, due piscine, e tre annessi agricoli”.
L’atto prosegue: “Verdini trovandosi allo stato sprovvisto della intera liquidità (…) e volendo ripianare con immediatezza l’esposizione con la banca, ha chiesto ad Antonio Angelucci”, il quale “concede a Denis Verdini (…) un finanziamento per l’importo complessivo lordo di euro 10 milioni”. Dal canto suo “Denis Verdini si obbliga a restituire il finanziamento a decorrere dal mese di giugno 2013, in rate minime annue di due milioni di euro ciascuna, da pagarsi entro il giorno 30 del mese di giugno di ciascun anno” più gli interessi. Angelucci ha effettuato i bonifici al Credito Fiorentino prima, però, si è fatto sostituire nelle ipoteche e nei pegni surrogandosi alla banca con un atto che è stato trascritto il 2 aprile 2011. In pratica alla prima inadempienza di Verdini il suo amico Angelucci potrà rivalersi sulle garanzie prestate dalla moglie privando la signora Fossombroni delle sue ville, dei terreni e dei campi da gioco. Ieri abbiamo chiesto al senatore di Ala se avesse pagato ad Angelucci le tre rate già scadute per complessivi sei milioni di euro ma non ci ha voluto rispondere.
Da il fatto quotidiano di domenica 4 ottobre 2015