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Social network, le foto dei bambini nelle loro attività quotidiane alimentano il 50% della pedopornografia in rete

Il dato sorprendente proviene da una ricerca investigativa condotta dall’Australia’s new Children's eSafety Commissioner. L’autorità governativa ha pubblicato i risultati dell’indagine spiegando come “decine di migliaia di foto e video su Facebook, Kik e Instagram, che ritraggono bambini nelle loro normali e familiari attività quotidiane, sono state scoperte dagli investigatori tra i materiali pedopornografici". In Italia è l’associazione Meter di don Fortunato Di Noto a seguire la questione da tempo

di Davide Turrini

Il 50% del materiale foto e video rintracciato sui siti pedopornografici viene scaricato dai social network. Il dato sorprendente proviene da una ricerca investigativa condotta dall’Australia’s new Children’s eSafety Commissioner. L’autorità governativa posta a protezione dell’infanzia australiana dal cyberbullismo e dalla pedofilia online ha pubblicato i risultati dell’indagine spiegando come “decine di migliaia di foto e video su Facebook, Kik e Instagram, che ritraggono bambini nelle loro normali e familiari attività quotidiane, sono state scoperte dagli investigatori tra i materiali pedopornografici denunciati alle autorità”.

Bimbi che corrono in spiaggia con gli aquiloni in mano, fotografie di fratelli e sorelle impostate come foto del profilo di Facebook, perfino neonati in braccio a mamme e papà in sorridenti selfie, il ricchissimo e infinito materiale scovato dagli investigatori australiani è finito sui social involontariamente postato dai genitori o addirittura dai ragazzini stessi che lo caricano senza pensare alle possibili conseguenze. Uno degli investigatori del Children’s eSafety Commissioner ha raccontato di un sito web con almeno “45 milioni di immagini di cui “oltre la metà sembrava essere acquistata direttamente dai social media”.

“Le famiglie, molto ingenuamente, aprono blog dove catalogano ogni aspetto della vita dei loro figli senza nessuna protezione contro questi tentativi ossessivi di scaricare le foto e i video”, ha spiegato il responsabile della Commissione Alastair MacGibbon al Sidney Morning Herald, a sua volta ripreso dal giornale inglese Independent. “Pensate che in media entro 10 giorni dal momento in cui è stato caricato il materiale è stato visto 1,7 milioni di volte e la maggior parte è diventato contenuto di discussione sessuale esplicita sui siti pedofili incriminati”. “I genitori sono spesso meno istruiti dei loro figli sulla sicurezza online”, ha dichiarato l’esperta di cyber-sicurezza Susan McLean. “Quando si registra qualsiasi cosa online, non importa dove l’avete caricata: sappiate che in quel momento avete perso il controllo su di essa. Inoltre Facebook ha le migliori impostazioni di protezione e sicurezza in modo da consentire gruppi bloccati e limitati nella condivisione delle immagini con amici e familiari. Ricordatevi che non importa quanto innocente la foto sia; se il “predatore” ha ottenuto quello sta cercando prenderà comunque quella foto”.

L’intrusione del pedofilo sui social per scaricare foto di minori è stata rilevata da diverse organizzazioni che scandagliano da almeno un ventennio il cosiddetto “deep web”. In Italia è l’associazione Meter di don Fortunato Di Noto a seguire la questione da tempo. “In un anno le segnalazioni sui social network sono diminuite, ma i rischi di molestia e adescamento per minori su FB e Vkontakte sono in crescita. Questo perché il social network permette al pedofilo di fornire false identità”, viene spiegato nell’ultimo rapporto 2014 di Meter.

Ci sono anche genitori dai modi piuttosto spiccioli, che non vanno troppo per il sottile quando si tratta di pedofili e social network. E’ il caso del 39enne nordirlandese Joseph McCloskey definito sul web il “cacciatore di pedofili”. Nel 2012 McCloskey ha aperto una pagina Facebook (Keeping Our Kids Safe From Predators, ora non più attiva, ma più volte riaperta con lo stesso titolo e suffissi differenti ndr) dove ha messo alla berlina nomi e visi di uomini accusati di essere molestatori di minorenni. Alla BBC l’uomo aveva dichiarato: “Se qualcuno vuole sapere se c’è un molestatore sessuale che vive nel suo territorio, tutto quello che deve fare è cliccare sulla mia pagina di Facebook”. McCloskey però è subito incappato in controquerele da parte di presunti ed effettivi molestatori che l’hanno a loro volta portato in tribunale. Nel 2013 è stato condannato assieme ai gestori di Facebook a risarcire i danni d’immagine ad un uomo condannato a dieci anni per diversi reati sessuali. La “vittima”, tal CG, dopo aver scontato la pena ed essere uscito di prigione nel 2007, è finito nel mirino della pagina Facebook di McCloskey. Da questa sua non voluta esposizione pubblica sarebbe stato più volte minacciato di morte dalle persone che avevano visto la sua foto su Internet. CG ha vinto la causa ottenendo un assegno di risarcimento da 20mila sterline.

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