eurosummit 675

Una fragile navicella, chiamata ‘zona Euro’, sballottata dalle onde. E tanti cocchieri che discutono il da farsi, e dove dirigersi. Alcuni sono al governo altri all’opposizione, in un qualche paese europeo. Tutti provano a mettere le mani sul timone. Anche a Renzi piacerebbe. Anche a Podemos. Anche a Beppe Grillo. Ma hanno le idee chiare? Quelle che seguono sono alcune delle riflessioni che presento in un’intervista al sito l’Antidiplomatico.it.

La Bce – poiché controlla la moneta – è l’unica istituzione dell’eurozona dotata di armi atomiche (finanziarie). Pertanto la Grecia era troppo piccola per poter “alzare la testa” con successo… Nel primo semestre del 2015 ha chiesto di mettere fine alla fase di eccessiva austerità grazie a un parziale default sul debito sovrano. I suoi creditori per tutta risposta hanno provocato una crisi bancaria: hanno spaventato i depositanti, facendo circolare la voce che la Grecia sarebbe uscita dall’Euro; e mettendo in dubbio che la Bce avrebbe svolto correttamente… il prestatore di ultima istanza. Al culmine del conflitto, la Bce ha negato la liquidità dovuta alle banche (‘dovuta’ perché la Bce è la banca centrale anche della Grecia), ha cioè rivolto le sue armi atomiche contro la Grecia invece che in difesa della Grecia, piegandola inesorabilmente. Ha così segnalato la sua determinazione a provocare una crisi finanziaria (banche private, o titoli di stato, non cambia molto) in tutti i paesi che dovessero ribellarsi all’ortodossia eurista. Questa plateale mancanza di scrupoli cambia lo scenario. Non è più possibile illudersi che nell’eurozona si possano fare politiche espansive non in linea e non concordate con l’eurocrazia.

Il caso Grecia dimostra che finché l’Eurozona non regola l’uso delle ‘armi atomiche finanziarie’ in dotazione alla Bce, e non rende efficaci tali regole grazie alla forza equilibrante di adeguati contropoteri (check and balance), la maggioranza di turno potrà sempre imporre ai ‘devianti’ tutto quello che vuole, senza limiti né confini. Questa dittatura della maggioranza di tipo giacobino non ha niente a che vedere con la democrazia come la intendiamo da 220 anni in Occidente. È un Leviathan… che nasconde i suoi pessimi risultati economici, ormai agli atti, dietro la crescita generata da stimoli internazionali. Penso al prezzo del petrolio. E alla svalutazione dell’euro, che deprime gli Stati Uniti e la Cina ma tiene a galla l’Europa. Proprio la solita vecchia cara svalutazione, la cui efficacia viene pretestuosamente negata a priori quando si discute di squilibri competitivi intra europei.

Molti sperano che la crisi dell’eurozona possa essere risolta dalla costituzione dell’Europa politica. Le recenti dichiarazioni del Ministro delle Finanze francese Macron sollecitano ad esempio la creazione di un budget federale europeo. Un budget federale europeo sembra essere un passo nella giusta direzione: l’Europa si doterebbe di un nuovo possibile strumento per affrontare la crisi. Ma in realtà non servirebbe a niente: a che serve avere degli strumenti se manca la volontà di usarli? Gli strumenti ci sarebbero anche ora: ma se non si riscrivono da capo a fondo i Trattati dell’eurozona, se cioè non si sancisce anche sul piano culturale la legittimità delle politiche economiche adottate da paesi tanto diversi come l’America e la Cina dopo il 2008, le politiche economiche nell’eurozona non cambieranno quasi per nulla. Al contrario, in cambio di un budget federale più ampio la Germania chiederà un maggiore controllo.

Quanto all’Europa politica, in molti s’illudono di costruire un’Europa democratica semplicemente consentendo ai cittadini di votare: non è democrazia. La democrazia presuppone una Costituzione, che è la carta dei diritti di tutti quelli che perdono le elezioni. In Europa significa: prevedere i diritti economici e finanziari dei popoli e delle nazioni aderenti, validi a prescindere da chi ha la maggioranza; e organizzare istituzioni e meccanismi di garanzia per la loro tutela. In caso contrario, ci s’illude di limitare l’ortodossia di Bruxelles, Berlino e Francoforte, ma ancora una vola si otterrà l’esatto contrario: aggravare le politiche vigenti, legare mani e piedi i paesi del sud lasciandoli alla mercè della Germania e degli eurocrati.

L’intervista completa qui

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