Diritti

Porta a Porta, il coming out di Charamsa e i complottismi di Rai 1 sui ‘ghei’

Matteo Salvini ospite di Porta a Porta

Ieri sera ho avuto la malsana idea di guardare la trasmissione Porta a Porta durante la quale, tra le altre simpatiche cose, si è parlato di un presunto attacco della “lobby gay” contro Papa Francesco. Il titolo, e lo sanno bene molti titolisti delle testate mainstream, spesso mira al puro sensazionalismo o mira a intendere quello che in un articolo o in una trasmissione non viene neppure pronunciato.

Di fatto il titolo scelto per la trasmissione sdogana nel corso di una trasmissione su Rai 1, il cui canone è pagato da tutt* noi, un concetto inesistente e non comprovato da alcun fatto. Ma passo oltre e mi aspetto che a quel punto Bruno Vespa abbia l’ardire di presentare un’inchiesta in cui in modo dettagliato si spieghi che cos’è ‘sta lobby gay e che tipo di piano avrebbe messo a punto per attaccare il Papa.

Resto parecchio delusa perché alla fine di lobby gay si parla di striscio. Il concetto più eloquente viene pronunciato da Bruno Vespa, il quale – udite udite – fa la separazione tra gay seri e gay meno seri. Si parla del coming out fatto dal monsignor Krzysztof Charamsa che com’è noto è un gay omosessualista, contagiato dal Giender, che manifesta davanti a San Pietro a cura della Lobby Ghei (interna al Vaticano?). Un vero rivoluzionario, un black bloc (per via della tonaca), che solo per caso è stato, per parecchio tempo, il teologo ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede ed ora, secondo le male lingue, sarebbe il nemico che attacca dall’interno la Santa Chiesa.

Charamsa svela qualcosa che non ci è mai stata nota (figuriamoci!): laggiù battono i cuori di alcuni omosessuali che ora chiedono al Papa maggiore apertura, forse licenza di unione con i propri compagni e in ogni caso considererebbero disumana l’astinenza sessuale. Di questa vicenda, e dei commenti a margine, avrete comunque sentito parlare in tutte le lingue. Mancava l’interpretazione di Porta a Porta che riporta stralci di intervista al Monsignore, mostra il suo abbraccio con il compagno, riporta anche alcune sue dichiarazioni che riguardano un libro, tradotto in altre lingue, in fase di pubblicazione, in cui egli racconta la sua esperienza. Da lì in poi si parla di congetture, il Papa buono che ha mostrato apertura, la Chiesa che a quel punto avrebbe una reazione opposta a quella richiesta, ovvero di maggiore chiusura, come se fino ad ora, tra lotta contro al fantomatico mostro gender e contro le unioni civili, si fosse vista una magnanima disponibilità da parte della gerarchia cattolica.

Si ipotizzano vari scenari: la lobby ghei che studia una strategia per demolire la chiesa o la presenza di un’altra strategia, per la cui spiegazione prossimamente Vespa presenterà il suo plastico miniaturizzato, tesa a sconfiggere le poche speranze che i ghei riporrebbero nell’apertura della chiesa. Lo stesso Vespa pare essere convinto del fatto che i ghei seri sarebbero dubbiosi circa il modo di fare del Monsignore, perché non avrebbe concordato il coming out con nessuno e si temono ripercussioni contro le lotte glbtiq.

Sostanzialmente si è parlato di un problema sentito dalla comunità cattolica aprendo spiragli a nuove teorie complottiste – mancavano infatti gli infiltrati in Vaticano – che sicuramente saranno oggetto di preghiera e nuove iniziative di tutta la comunità sentinellante, delle mamme che sono impegnate a distruggere il mostro gender che minaccia di entrare nelle scuole, dei politici che descrivono l’idea delle unioni gay come attentato alla specie umana. Ci estingueremo, il mondo, in men che non si dica, non sarà più popolato dagli otto miliardi di esseri umani esistenti. Non ci può dunque essere alcuna linea morbida, alcun accenno di tolleranza, da parte della chiesa nei confronti di quel che va trattato con il pugno di ferro.

Concludono la descrizione dell’attentato al Papa con citazioni tratte da un comunicato divulgato da una rappresentante romana della comunità lgbtiq che avallerebbe la teoria secondo la quale il coming out di Charamsa procurerebbe una danno, o giù di lì, a gay, lesbiche, bisessuali, transessuali, intersessuali, queer. Altri interventi accennano alla possibilità che si sia trattato di un modo per lanciare il libro e nulla più.

Da dove la giri e la giri, quando ci sono di mezzo i ghei, c’è perciò sempre qualcosa di oscuro, terribile, malvagio, senza contare che il riferimento al divieto di vita sessuale ritenuto disumano ha fatto arrabbiare non poche persone che rivendicherebbero quella scelta e chiariscono che il monsignore sapeva in quale mondo si stava cacciando. Aveva una scelta. Poteva lasciare il suo ruolo nella Chiesa Cattolica e vivere la sua vita senza nessun impedimento. Pretendere che la Chiesa cambi la propria impostazione per consentire ad alcuni di vivere la propria vita sentimentale e sessuale viene ritenuto un sacrilegio. Pretendere che la Chiesa mostri apertura e tolleranza nei confronti dei fedeli, credenti, preganti, eccetera, è un sacrilegio doppio. Che tu sia dentro o fuori al Vaticano devi comunque attenerti al loro insegnamento morale, alla loro dottrina, a quel che la ispira, e non c’è scampo, proprio no.

In definitiva, per quanto io rispetti enormemente il modo in cui ciascuno definisca, viva, esprima, il proprio credo, sapete cosa? Giacché quel che il clero cattolico dichiara si ripercuote sulla pelle di chiunque, inclusa quella di tante persone che non sono cattoliche, si tratta solo di accettare che tu, frocio, sei contro natura e giammai la gente con una morale integra, in grazia di Dio, potrà considerarti pari a loro. A meno che tu non voglia vivere nell’area di chi è scomunicat@ e finirà all’inferno. Personalmente ho già i miei programmi su quel che farò di divertente in quel luogo pieno di viziosi, sessuati, sporcaccioni. Mi dicono che c’è ancora posto. Volete che vi prenoti un ticket di ingresso?