La proroga concessa dal governo Renzi a chi ha nascosto denaro all’estero e vuole riportarlo in Italia senza conseguenze penali mette a repentaglio i conti pubblici del 2015. Lo sostengono i tecnici del Senato nel dossier sul decreto approvato dal governo il 29 settembre. L’esecutivo ha dato due mesi in più per aderire al rientro dei capitali con l’obiettivo di incamerare risorse con cui evitare il rialzo delle accise su benzina e gasolio, che sarebbe scattato se non fosse stato coperto il “buco” da 728 milioni causato dalla bocciatura della reverse charge Iva da parte della Commissione Ue. Ma il servizio bilancio di Palazzo Madama nota che il “differimento dei termini per la presentazione dell’istanza e per l’integrazione della documentazione”, unito alla possibilità di pagare il dovuto in tre rate, rischia di far slittare gli incassi all’anno prossimo, “con conseguente rischio di squilibrio finanziario per l’anno 2015”.
E non è il solo ammanco che si profila per i prossimi anni. A crearne uno da quasi 1 miliardo di euro sarà il venir meno del cosiddetto split payment, cioè il meccanismo contabile anti-evasione che prevede il versamento dell’Iva da parte della pubblica amministrazione direttamente all’erario senza passare per le casse dei fornitori. I tecnici notano che il Consiglio europeo ha autorizzato la novità contabile solo in via temporanea, fino al 31 dicembre 2017. Per cui il governo, che si è impegnato a non reiterare la richiesta, “in ottica prudenziale” dovrebbe da subito adeguare la normativa e “assicurare una corrispondente copertura”. Che vale “988 milioni di euro per anno a regime”, dall’1 gennaio 2018.
Infine, la relazione tecnica del decreto non tiene conto delle novità previste per la tassazione dei lavoratori frontalieri, a cui è stato concesso di pagare solo il 5% su “prestazioni corrisposte dalla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità svizzera”.