agip lavoratori

Nigeria, stato di Bayelsa. Villaggio di Azuzuama. Si snoda qui l’oleodotto detto Tebidaba-Clough Creek, di proprietà della Naoc, sussidiaria nigeriana dell’Eni. Naoc sta per Nigerian Agip Oil Company.

L’oleodotto improvvisamente ha delle perdite. Arrivano sul posto vari tecnici per procedere alla riparazione della falla e per bloccare lo sversamento di petrolio nel fiume Niger, uno dei tanti che lo inquina. Un’operazione teoricamente di routine, ma che finisce in tragedia. Mentre i tecnici sono al lavoro divampa un incendio. E poi un’esplosione. E poi muoiono 14 persone. Era il 9 luglio 2015.

Tra le vittime, sei dipendenti della ditta appaltatrice, tutti residenti in zona, due dipendenti locali dell’Agip-Eni, un funzionario del Ministero dell’Ambiente dello Stato di Bayelsa, due dell’Ente per la Sicurezza nell’industria petrolifera, e un soldato. Alcuni corpi sono stati recuperati mentre galleggiavano lungo il Niger.

A raccontarci tutto questo è Godwin Ojo, direttore di Environmental Rights Action (Era), organizzazione nigeriana per la giustizia ambientale che mi scrive: “Dalle testimonianze che abbiamo raccolto, la causa principale del disastro sono state le scintille provocate da un macchinario durante la riparazione”.

Il 16 luglio Ojo partecipa a un sopralluogo e conclude che non sono state rispettate le procedure di sicurezza, come confermato dai residenti. Ojo stesso scrive in un rapporto sulla tragedia:Non è stato chiuso il flusso nell’oleodotto, obbligatorio prima di intervenire su una falla. Non c’erano standard di precauzione da seguire o vie di fuga pianificate, e a quanto pare la squadra non era equipaggiata per spegnere rapidamente un incendio”.

I responsabili non hanno utilizzato i materiali antincendio, e poi “quando è cominciato il primo incendio hanno pensato di spegnerlo gettandoci sopra fango. Ma c’erano già stati altri sversamenti, il fango era intriso di idrocarburi. A quel punto c’è stata l’esplosione”.

Per chi era lì non c’è stata possibilità di scampo: i 14 erano intrappolati nella fanghiglia densa di petrolio, e non sono riusciti a scappare mentre le fiamme si avvicinavano inesorabilmente.

Il rapporto compilato da Environmental Rights Action cita molte testimonianze e dichiarazioni a sostegno di questa ricostruzione. L’indagine ordinata dal governo dello stato di Bayelsa non è ancora conclusa, per cui non esiste ancora alcuna verità ufficiale.

Resta il fatto che sversamenti di greggio sono eventi quasi quotidiani nel delta del Niger. Quest’anno, secondo il Ministero dell’Ambiente dello Stato di Bayelsa, se ne contano più di 600 nei soli impianti affiliati all’Eni-Agip e che fanno capo alla Naoc, la quale, come tutte le altre compagnie petrolifere, se ne lava le mani sostenendo che sversamenti ed inquinamento sono conseguenza di sabotaggi.

Seicento cinquantasei per l’esattezza. Tre al giorno, finora. Qualcosa che nei nostri bei Paesi europei sarebbe assolutamente inaccettabile. 

Secondo Environmental Rights Action non si tratta di sabotaggi. La gran parte degli sversamenti è provocata da cedimenti strutturali dei pozzi e dell’infrastruttura e da mancata o scarsa manutenzione agli impianti, che sono in gran parte vecchi e difettosi. Questo lo afferma anche Amnesty International in un suo report sugli sversamenti nel delta del fiume Niger. Facile vero dare la colpa sempre e comunque agli altri?

E così, il 16 Settembre 2015, Ojo ed Era annunciano una conferenza stampa dal titolo “Agip’s Azuzuama Tragedy” in cui chiedono 28 milioni di dollari di danni dall’Agip, e cioè circa 400 milioni di dollari, per le famiglie di ciascuna persona che ha perso la vita ad Azuzuama.

Ojo non è tenero. Parla di Azuzuama come di un caso di “ecocidio” e ripetutamente denuncia l’impunità dell’Agip e le flagranti violazioni dell’ambiente da parte del colosso energetico italiano. Chiede una revoca di tutte le concessioni petrolifere dell’Eni-Agip in Nigeria. Continua: “L’Agip dovrebbe essere punita per tutti i casi di negligenza, cedimenti di infrastrutture e procedure scadenti di controllo di valvole di oleodotti. Gli enti federali e statali dovrebbero assicurarsi che l’Agip sia in regola con gli standard internazionali per la sicurezza di oleodotti e che segua procedure che garantiscano la sicurezza dei lavoratori, dei controllori e delle comunità. I governi e le ditte petrolifere, specie l’Agip, dovrebbero assicurarsi che solo ditte competenti fungano da contrattori per i lavori di manutenzione di oleodotti che richiedono alti livelli di professionalita”.

Il commissario per l’ambiente di Bayelsa, Inuro Wills, raddoppia, accusando l’Agip-Eni di violare gli standard di sicurezza e di essersi dimenticata del tutto dei morti dell’oleodotto di luglio. Annuncia anche l’introduzione di norme più severe in caso di perdite.

Una delle cose più vergognose, è che secondo la stampa nigeriana l’Eni-Agip a lungo ha cercato di rallentare la seppellitura dei morti. Secondo il governo del Bayelsa infatti, al 12 Agosto 2015, un mese dopo lo scoppio c’erano ancora “unreasonable delays” nella restituzione dei corpi alle famiglie e ovviamente questo comportamento è stato difficile da accettare per chi ha perso i propri cari.

Il portavoce per le famiglie Karibi MacDonald, dice che l’Eni-Agip non ha mostrato né rimorsi né compassione per le vittime. Il 20 Settembre 2015, due mesi e mezzo dopo lo scoppio, MacDonald ricorda che il corpo di suo fratello è stato restiuito quasi due mesi dopo l’incidente. Come quasi la totalità dei residenti è convinto che lo scoppio, ed i morti, si potevano evitare se ci fossero state maggiori misure di sicurezza. Dice: “E’ molto spiacevole che l’Agip sia così insensibile alla futile morte di 14 nigeriani a causa della scarsa sicurezza nei suoi campi di petrolio. Dal 9 Luglio 2015 non c’è stato alcun contatto con le famiglie. La posizione dell’Agip dall’incidente è stata deplorevole: non si sono degnati di contattare le famiglie nemmeno durante la seppellittura dei morti. Mio fratello è stato sepolto tre settimane fa e non abbiamo visto nessun rappresentante dell’Agip. E’ molto triste che una ditta straniera possa essere cosi arrogante e che si sottragga alle sue responsabilità, senza nemmeno partecipare al dolore delle famiglie. Chiediamo al governo federale di far presente ai loro partner internazionali che così facendo potrebbero incorrere nella collera dei morti. La più totale mancanza di rimorso da parte dell’Agip è inaccettabile”

Credo che sia semplicemente vergognoso.

Qui le immagini dell’Agip-Eni-Naoc in Nigeria e dell’incendio del Luglio 2015.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti

Enigate

di Claudio Gatti 15€ Acquista
Articolo Precedente

Elettrodotto Friuli Venezia Giulia: perché l’ambiente deve sottostare alle scelte economiche, e non il contrario?

next
Articolo Successivo

Gestione dei rifiuti: scriviamo insieme le norme europee

next