C’è anche un personaggio indicato come uno degli organizzatori dell’assassinio delle tre missionarie italiane Lucia Pulici, Olga Raschietti e Bernardetta Boggian tra i quattro burundesi da pochi giorni sottoposti a sanzioni dall’Unione Europea: il suo nome era stato fatto dal testimone reo confesso, che mesi fa aveva rivelato l’identità dei mandanti e dei membri del commando che fra il 7 e l’8 settembre 2014 aveva brutalmente massacrato le anziane religiose.
La crisi politica in Burundi non accenna a placarsi, dopo che il presidente Pierre Nkurunziza si è fatto rieleggere per un terzo mandato incostituzionale. Le violenze per le strade della capitale Bujumbura continuano a mietere vittime, continuano i rastrellamenti nei quartieri “ribelli” e le esecuzioni extragiudiziarie. L’intellighenzia del paese è ormai tutta oltre confine, così come la stampa indipendente. È in questo contesto che stanno arrivando decisioni come quella annunciata il 2 ottobre dal Belgio (principale finanziatore del paese), di sospendere immediatamente i progetti di cooperazione con lo stato burundese, e quella del Consiglio dell’Unione Europea che ha ufficializzato sanzioni per quattro ufficiali del regime di Bujumbura. Non direttamente il presidente “per mantenere aperta la possibilità di dialogo”. Le sanzioni consistono nella restrizione della possibilità di viaggiare (i quattro non potranno entrare o transitare dai paesi Ue) e nel congelamento dei beni.
I personaggi colpiti dalle sanzioni sono Léonard Ngendakumana, uno degli militari che tentarono il colpo di stato lo scorso 13 maggio, e di tre ufficiali accusati di ricorso sproporzionato alla forza, di repressione violenta dei manifestanti pacifici e violazione dei diritti umani: Godefroid Bizimana, direttore generale aggiunto della polizia nazionale, Gervais Ndirakobuca detto Ndakugarika, capo di gabinetto della Presidenza della Repubblica con delega alla polizia nazionale, e infine Mathias-Joseph Niyonzima, detto Kazungu, agente dei servizi “responsabile inoltre d’aver aiutato a formare le milizie paramilitari Imbonerakure, a coordinare le loro azioni e ad armarle, anche al di fuori dei confini burundesi”.
Non dice, il documento ufficiale dell’Ue, che fra i tanti crimini di cui “Kazungu” è accusato andrebbe annoverato anche l’assassinio delle tre anziane missionarie italiane, massacrate nella loro abitazione poco più di un anno fa: il secondo dei due rei confessi che hanno nei mesi scorsi testimoniato sull’accaduto, facendo i nomi di chi aveva deciso il triplice omicidio, affermava che alla riunione preparatoria dell’azione era presente anche lui. Non solo: Godefroid Bisimana, uno degli altri sanzionati dall’Ue, era all’epoca dei fatti il vicecomandante della polizia che davanti ai media di tutto il mondo ricostruiva l’accaduto con dovizia di particolari. Organizzatore e mandante, sempre stando ai rei confessi, quell’Adolphe Nshimirimana, ex capo dei servizi e braccio destro del presidente, ucciso in un agguato lo scorso 3 agosto, in circostanze mai del tutto chiarite.