Il caso Sorgente Res Siiq dove il patron Valter Mainetti quoterà immobili comprati da se stesso. E i 402 milioni chiesti al mercato finiranno alle banche creditrici
La puzza di fregatura si sente a pagina 117: “Qualsiasi decisione deve basarsi sull’esame completo da parte dell’investitore del Prospetto Informativo nella sua interezza”. Ecco, in quella bisca truccata che chiamano Borsa accade che la Consob, sedicente poliziotto del mercato, consenta di vendere ai risparmiatori azioni di una società nuova di zecca accompagnate da 995 pagine di avvertimenti.
La Sorgente Res Siiq fa capo all’imprenditore romano Valter Mainetti. Viene quotata in Borsa chiedendo al mercato 402 milioni di euro. Il gruppo Sorgente è un gigante immobiliare che gestisce un patrimonio di oltre 4 miliardi. Mainetti è solo l’apripista. Tutti gli immobiliaristi hanno messo gli occhi sulla Borsa, cioè sui soldi dei risparmiatori, per risolvere drammatici problemi. La Prelios, creatura Pirelli, sta lanciando l’ennesimo aumento di capitale, Idea Fimit del gruppo De Agostini (9 miliardi di patrimonio) e Domus Italia di Francesco Gaetano Caltagirone studiano lo sbarco al listino.
Oltre 200 fondi immobiliari hanno in pancia immobili per decine di miliardi che tendono a svalutarsi e debiti con le banche per circa due terzi del valore teorico degli immobili. Tutti vorrebbero vendere ma nessuno compra, mentre le banche dovrebbero monetizzare anche gli immobili presi in garanzia dai clienti insolventi. Un ingorgo agghiacciante con una sola via d’uscita “pronta cassa”: un trasferimento di liquidità dalle tasche dei risparmiatori alle società immobiliari e alle banche. Il sistema del credito lo sta assecondando da mesi, la Consob tace, la Banca d’Italia, interessata solo alla solidità delle banche da conseguire “todo modo”, fa finta di non vedere. Il governo invece dà una mano. Con il decreto Sblocca Italia ha introdotto agevolazioni fiscali per le cosiddette Siiq (Società d’investimento immobiliare quotate), per favorire il passaggio dei beni dai fondi immobiliari, nei quali si sono impantanati banche, fondi pensione e istituti di previdenza, a società quotate da mollare più facilmente ai risparmiatori.
E dunque Sorgente Res Siiq si presenta al mercato con 17 immobili affittati a uffici o alberghi. Li ha comprati dal gruppo Sorgente, cioè Mainetti ha comprato gli immobili da se stesso al prezzo deciso da lui di 486 milioni (“Si evidenzia che tali operazioni non sono state assoggettate alla Procedura Parti Correlate”, spiega in gergo il Prospetto). E infatti: “Non vi è garanzia che, ove tali operazioni fossero state concluse con parti terze, le stesse avrebbero negoziato alle medesime condizioni”.
Gli immobili si portano dietro 285 milioni di debiti con le banche, il 58 per cento del valore. Creditrici sono Banco popolare (105 milioni) e Unicredit (84 milioni), poi con cifre minori Banca popolare di Bari, Banca Marche, Mps e Bnp Paribas. Intesa Sanpaolo, che non risulta creditrice, cura il collocamento in Borsa. Una mano lava l’altra e tutte e due convincono i clienti della bontà dell’affare. Appoggiati da una martellante campagna pubblicitaria, solerti bancari fanno firmare in questi giorni l’ordine di acquisto insieme alla dichiarazione di “presa visione del Prospetto” di 995 pagine (“Sa, è una formalità”).
Mainetti, 68 anni, ama apparire come anima poetica, “un po’ immobiliarista, un po’ finanziere ma soprattutto collezionista” (copyright La Repubblica). Pochi mesi fa, insieme all’ex numero uno di Capitalia Matteo Arpe è diventato editore del Foglio. Ma nel Prospetto c’è poca poesia. A pagina 118 ecco il conflitto d’interessi: la società “svolge attività in concorrenza con gran parte delle società conferenti o comunque con altre società (…) facenti capo al Prof. Valter Mainetti. Tale circostanza potrebbe comportare effetti negativi”. Già.
L’offerta di azioni è ai risparmiatori per 40 milioni e agli investitori cosiddetti istituzionali per 361 milioni. Non è strano che per 40 milioni si faccia anche la campagna televisiva? È che le banche tirano a portare a casa più prenotazioni possibile. Il precedente istruttivo è Fincantieri (giugno 2014): il collocamento per i risparmiatori era annunciato in 141 milioni, poi, visto che gli istituzionali hanno rifiutato il pacco, è cresciuto a 313 milioni. Lo consente una clausola chiamata claw-back: se una delle due categorie di investitori compra meno del previsto si danno più azioni all’altra categoria. In banca ti dicono: “Guardi, queste azioni vanno a ruba, si andrà al riparto, quindi lei chieda tre pacchetti, così è sicuro di averne almeno uno”. La richiesta del cosiddetto mercato risulterà tripla. Nel Prospetto di Sorgente Res Siiq il claw-back è confessato a pagina 806.
Il Prospetto dice la verità sul futuro dell’impresa. È ignoto: la società “ritiene che dati previsionali relativi agli esercizi successivi sarebbero scarsamente significativi”. Però a pagina 140 c’è scritto che “una quota rilevante” dei guadagni andrà alle banche. Nei prossimi dodici anni dovranno essere restituiti alle banche 240 milioni, alla media di circa 25 milioni all’anno tra capitale e interessi, ma anche i ricavi da affitto saranno di circa 25 milioni all’anno. C’è qualcosa che non torna. Infatti il Prospetto avverte che “qualora la gestione operativa non riuscisse a fare fronte agli obblighi di rimborso dei finanziamenti in essere, si potrebbero utilizzare parte dei proventi della Quotazione…”. Ecco dove finiranno i soldi. Alle banche. Dietro la retorica dei “segni di ripresa” del mercato immobiliare si nascondono questi orrori.
da Il Fatto Quotidiano del 7 ottobre 2015