cacciatore

Qualcuno dei miei lettori mi accusa di essere fissato con il problema della caccia. Altri mi accusano addirittura di considerarla un problema. E’ vero. Al di là del fatto che il mio istinto si ribelli all’idea di uccidere un animale per il gusto di ucciderlo, per me la caccia è un problema serio in quanto rappresenta un caso esemplare di democrazia negata. Ed altresì un caso esemplare di come chi governa sia assoggettato alle lobby anziché all’idea di perseguire il bene comune.

Cominciamo col dire che se effettivamente vivessimo in un regime democratico, cioè se a comandare fosse il popolo, si sarebbe consentito l’esercizio del diritto referendario in Piemonte, in cui, pur di evitare che la popolazione si esprimesse, si è eliminata addirittura la legge! Ditemi voi, sì anche voi cacciatori, se questa è democrazia…

Ma, astraiamoci dal livello locale, dato che mi si accusa anche di guadare troppo alla realtà locale, e guardiamo al livello nazionale. La stragrande maggioranza degli italiani è contraria alla caccia. Secondo l’Eurispes nel 2014 gli italiani contrari alla caccia erano il 74,3 %. E’ democratico continuare a sostenere che la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato (così recita la legge quadro sulla caccia) e poi, nonostante questo e nonostante la contrarietà della stragrande maggioranza dei cittadini, continuare ad autorizzare la caccia tout court? Non sarebbe più sensato e democratico, se proprio si vuole accontentare la minoranza sparante, limitarne l’intervento alla caccia di selezione?

Ma andiamo oltre ed analizziamo il problema da un’altra angolazione. L’art. 842 del Codice Civile, anacronisticamente, afferma che un pescatore non può entrare in un fondo privato senza il consenso del proprietario. Il cacciatore sì. Anacronistico perché risalente ad un epoca in cui la caccia aveva una valenza ben diversa rispetto ad oggi, in cui si guardava con favore all’uso delle armi, in cui la fauna era decisamente più numerosa rispetto ad oggi. Poi è subentrata la Carta costituzionale, con il suo art. 3, ed i suoi cittadini tutti uguali davanti alla legge. Ma quei cacciatori sono rimasti diversi dai pescatori…

Ma non basta. Abbiamo da sempre governi in Italia che difendono a spada tratta la proprietà privata. Perché se in campo c’è l’esercizio della caccia esso deve prevalere sulla tutela della proprietà privata? A tale proposito, persino la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si è espressa affermando il principio che il proprietario di un fondo rustico non è obbligato a tollerare che altri vi pratichino la caccia, se in contrasto con le proprie convinzioni personali e morali. Ma il nostro legislatore continua a fare orecchie da mercante. I nostri governanti l’Europa la tirano in ballo solo quando gli fa comodo.

Ma quello della caccia in fondo non è che un esempio, seppure uno dei più eclatanti, di democrazia negata. Di recente abbiamo avuto l’introduzione all’ultimo momento nello “Sblocca Italia” delle trivellazioni in mare. Gli italiani sono forse d’accordo? Oppure ancora: gli stessi italiani sono d’accordo che ogni anno si spendano 18 miliardi per rinforzare l’esercito, come previsto dall’ultima legge di stabilità? È per il bene comune che si prendono tante, troppe decisioni in Italia o per favorire determinati e ben conosciuti portatori di interessi? Come si definisce questa domanda? “Pleonastica”? Ecco, sì, pleonastica.

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