Depositare 490mila euro in contanti con 980 biglietti da 500 euro. Poi spostarli da Monaco verso Bahamas, Brasile e Dubai. Alla Banque Pasche, filiale del gruppo francese Crédit Mutuel, tutto era possibile per i ricchi clienti che tentavano di sfuggire al fisco. Lo rivela l’inchiesta di Nicolas Vescovacci e Geoffrey Livolsi, realizzata in collaborazione con il sito Mediapart e diffusa sulla rete pubblica France 3 dopo lo stop in odore di censura di Canal+ deciso dal presidente di Vivendi, Vincent Bolloré.
Nel lungo documentario, che ha richiesto un anno di lavoro, i due giornalisti hanno alzato il velo sui traffici di denaro della Banque Pasche. Testimonianze e documenti inediti hanno raccontato che, fra il 1998 e il 2014, la Pasche accettava il deposito di grosse somme in contanti senza farsi troppo problemi e senza denunciare le anomalie come richiesto dalla legge monegasca. Non solo, Mutuel e Pasche avevano messo in piedi un vero e proprio sistema per facilitare la fuga di capitali dalla Francia a scopo di evasione fiscale. “Ci sono stati all’estero casi simili come quello della svizzera Ubs – spiega Vescovacci durante la trasmissione Pièce à conviction – Ma è la prima volta che è coinvolto un’istituto di credito francese per di più di tipo mutualistico”. Il Crédit Mutuel è infatti una banca popolare che in passato è stata anche azionista della Popolare di Milano e che sognava di creare una rete di banche popolari europee grazie a degli incroci azionari.
L’inchiesta è insomma particolarmente dolorosa per il sistema bancario francese. Anche perché nasce dall’interno della stessa banca: la denuncia di traffici anomali è partita dai tre ex banchieri della Banque Pasche Céline Martinelli, Jean-Louis Rouillon e Matthieu Chérriuox, licenziati un paio di anni fa dall’istituto per “ragioni economiche”. Preoccupati dal giro di contanti, i tre banchieri avevano chiesto un’indagine interna ai loro capi, Olivier Giaume e Christophe Mazurier, noto finanziatore dell’Ump di Nicolas Sarkozy. I vertici della Banque Pasque, sulla cui gestione indagano la Procura di Parigi e quella di Monaco, avevano però gettato acqua sul fuoco e invitato i tre banchieri a mantenere la calma perché “si è visto anche di peggio”.
In effetti la reputazione della banca a Monaco non è delle migliori. Ribattezzata la banca “cash”, la Pasche accetta di aprire conti a clienti che gli altri istituti rifiutano in nome della redditività. Fra questi c’è un venditore ambulante italiano, ufficialmente disoccupato, che però in un mese arriva a depositare 80mila euro in contanti per spostarli poi alle Bahamas. Ci sono poi anche clienti famosi come Ricardo Texéira: l‘ex presidente della Federazione calcio brasiliana versa sul suo conto alla Pasche 30 milioni, per coincidenza, proprio nei giorni in cui emerge lo scandalo Fifa per presunte tangenti – di pari importo – incassate per assegnare i Mondiali 2020 in Qatar.
Inoltre, in un libro rosso, scritto rigorosamente a mano, c’è pure una lista con 225 nomi fittizi dietro i quali si celano le identità di clienti della Pasque. Grandi autori come Victor Hugo, Charles Baudelaire, Garzia Marquez o Jules Verne figurano in un elenco accanto al quale sono indicate alcune loro opere che, nella ricostruzione dei giornalisti, corrispondono ai numeri di conto. La prova c’è con una telefonata alla Banque Pasche in cui Vescovacci si finge novello Albert Camus e chiede di parlare con il suo banchiere per ottenere 50mila euro in contanti. L’operazione naturalmente non si può fare al telefono, ma il banchiere gli fissa un appuntamento per l’indomani. Segno che il signor Camus esiste ed effettivamente ha un conto in quella banca.
Starà ora alla Procura di Parigi chiarire il legame fra i celebri autori e la banca monegasca che, secondo il reportage, “raccoglieva” il denaro in contanti direttamente a Parigi in un appartamento della rue Traversière nel dodicesimo arrondissement. I soldi venivano in seguito trasferiti a Monaco da uno spallone che incassava una commissione del 10 per cento. Negli anni poi il meccanismo si era affinato passando anche per la sede del Mutuel sugli Champs Elysee e chiudendo così il dorato cerchio dell’evasione fiscale che i ricchi possono permettersi e che le casse pubbliche e i normali cittadini subiscono. Per il Mutuel non c’è nulla di vero nell’inchiesta e per il presidente Michel Lucas i tre banchieri accusatori sono solo ex dipendenti che vogliono intascare qualche euro in più di buonuscita. Fatto sta che questi ultimi hanno già rifiutato due transazioni proposte dalla banca che intanto ha pensato bene di mettere in vendita la Pasche con tutti i suoi segreti.