Gli analisti hanno ridotto le previsioni di crescita del pil 2015 da +2,1 a +1,8%. Le esportazioni in agosto sono crollate del 5,2% e la produzione industriale si è ridotta dell'1,2%. Dati che non scontano ancora i contraccolpi del caso Volkswagen. Intanto la maggiore banca del Paese anticipa un rosso record per il terzo trimestre
Non solo il caso Volkswagen, le cui conseguenze di lungo periodo sull’economia tedesca sono ancora difficili da valutare. La locomotiva dell’Eurozona stava rallentando già prima dello scoppio dello scandalo emissioni. La frenata della Cina e degli altri Brics, i Paesi “ex emergenti” ora in recessione o in rallentamento, ha avuto effetti pesanti sulle esportazioni della Germania già nel corso dell’estate. E il risultato è che, dopo il ritocco al ribasso del Fondo monetario internazionale, ora anche i principali istituti economici tedeschi hanno rivisto al ribasso le previsioni sulla crescita di Berlino: per quest’anno è data a +1,8% contro il +2,1% stimato in primavera. Intanto, mentre il settore auto che è il principale datore di lavoro del Paese attende il contraccolpo del diesel gate, anche il gruppo Deutsche Bank ammette di godere di pessima salute: in una nota la società, a sua volta colpita negli Usa da multe miliardarie aver manipolato i tassi interbancari, nel terzo trimestre perderà oltre 6 miliardi di euro e si appresta a ridurre o cancellare i dividendi pagati agli azionisti.
La Germania è la prima economia europea: in termini assoluti, il Pil vale circa 2.800 miliardi di euro contro i 1.550 di quello italiano. Anche nel pieno della crisi ha continuato a crescere a tassi sostenuti e nel 2014, dopo il rallentamento dell’anno precedente (+0,1%), ha registrato il progresso più corposo degli ultimi tre anni: +1,5%. Quest’anno era prevista un’accelerazione a +2,1%, ma nel corso dell’estate il quadro è cambiato. In agosto l’export è crollato: -5,2%, dopo il +2,2% segnato a luglio e a fronte di una previsione che lo dava a -0,9%. E’ il calo più forte dal gennaio del 2009 e secondo gli analisti è stato determinato dal rallentamento della Cina e degli emergenti. Pechino è infatti il secondo destinatario delle esportazioni tedesche, dopo la Francia e prima degli Stati Uniti.
Ma sono diminuite anche le importazioni, con un -3,1% dal +2,2% di luglio, contro la stima di -0,6%. Il surplus commerciale si è così ridotto a 15,3 miliardi di euro rispetto ai 25 miliardi di luglio. Nel frattempo è però calata dell’1,2% anche la produzione industriale. Secondo gli esperti tedeschi l’economia “sta vivendo una ripresa moderata” e le esportazioni saliranno solo “leggermente”. E secondo l’istituto Ifo il surplus dei conti pubblici, previsto a 23 miliardi di euro nel 2015, sarà “significativamente inferiore” al target per le spese aggiuntive legate alla crisi dei rifugiati.
In questo contesto il maggior istituto di credito del Paese ha comunicato di prevedere nel terzo trimestre una perdita ante imposte di oltre 6 miliardi di euro, la più alta da un decennio, cosa che costringerà Deutsche Bank a ridurre o cancellare il dividendo per il 2015. Quest’estate si è insediato il nuovo numero uno, John Cryan, che ha varato un piano a luglio lacrime e sangue e sta pianificando 23mila esuberi su 100mila dipendenti per far fronte a svalutazioni e agli esborsi per le multe ricevute a causa dello scandalo della manipolazione del tasso interbancario Libor. Cryan, appena entrato in carica, aveva avvertito il personale del fatto che la performance “da nessuna parte è abbastanza buona”.