A voler trovare qualche nome tutelare del panorama della musica drone, si potrebbe fare una certa fatica visto l’universo di fittissime relase che l’accompagnano. Edizioni ultralimitatissime nelle ritornate-di-moda-cassette (so che pare impossibile ma è effettivamente così) o 7’’ che vanno a ruba. Se c’è da fare qualche nome, ovvio che il pensiero vada subito a Tim Hecker – la cui discografia è né più né meno che un capolavoro su tutta la linea.
Un allievo passato decisamente più sottotraccia è sicuramente Lawrence English. Che, se pensi all’Australia – lui viene da Brisbane -, di certo quei paesaggi cupi che lui disegna con la sua musica non paiono evocare il surf, le spiagge o altri idioti stereotipi di quella terra.
La sua carriera copre ormai quindici anni. Però, tra la fondazione dell’eccellente Room40 – label dedita all’ambient e all’elettroacustica -, le collaborazioni con gente del calibro di Grouper o Tujiko Noriko, la fama – dove per fama si intende i quattro sfigati che lo conoscono – è riuscito a conquistarsela col penultimo “Wilderness Of Mirrors”, una immersione da brividi in suoni pastosissimi e granulari e mura digitali ai confini della musica sacra. Il nuovo album, un field recording intitolato “Viento” – nomen omen – non ritrova quella magia. Però dietro c’è una carriera che parla per lui. Il presente invece vi riserva tre possibilità per vedervelo dal vivo. Stasera a Milano a Macao – dove si inaugura la rassegna Plunge -, domani sera a Roma al Nur Bar dai ragazzi di Elsewhere, mentre sabato sera a Napoli all’Ex-Asilo Filangeri. L’abrasione è garantita.
Un carissimo amico degli Stato Sociale, vedendolo ieri sera in concerto di spalla ad un altro gigante – Biosphere – a Bologna, mi ha scritto “più Sunn O))) che ambient”. Che, fondamentalmente, è uno dei motivi per i quali il suo tour italiano non potete perdervelo.