Dalle carte dell’inchiesta della procura di Firenze sull’imprenditore Andrea Bulgarella emerge uno spaccato inquietante sulle due maggiori banche italiane: Unicredit e Intesa Sanpaolo. E’ Unicredit a rivolgersi a Intesa per chiedere di riportare a semplice incaglio la posizione debitoria (circa 10 milioni di euro) del gruppo Bulgarella che era stata invece segnalata come sofferenza. Secondo i verbali Michele Dapri, responsabile del project finance di Banca Imi (gruppo Intesa) ne parla con Gaetano Micciché, direttore generale di Intesa Sanpaolo nonché amministratore delegato di Banca Imi, e la posizione viene sistemata nel giro di pochi giorni, cosa che permetterà a Unicredit di approvare il piano di ristrutturazione del debito del gruppo dell’imprenditore siciliano che nei confronti di Unicredit risultava esposto per circa 60 milioni. Piano che, secondo i rilievi della procura fiorentina, sarebbe stato approvato in assenza di presupposti e solo grazie all’interessamento diretto del vicepresidente di Unicredit Fabrizio Palenzona.
Pochi giorni dopo è Dapri, di Banca Imi, a rivolgersi a Unicredit per chiedere, come si legge dal verbale, “di trovare una soluzione favorevole circa la posizione di un imprenditore alberghiero siciliano che ha un contenzioso aperto con Unicredit dell’importo di 26.000 euro”. Una sciocchezza, insomma, al cospetto dei 10 milioni di debito che Bulgarella ha con Intesa Sanpaolo. Ma è quanto scrivono gli investigatori fiorentini a lasciare di sasso: “Dapri specifica che la richiesta è stata sollecitata proprio dal direttore generale (Micciché, appunto). L’imprenditore si identifica in Montalbano Giuseppe che gestiva la società Villa Antica proprietaria della villetta sita in Palermo, Via Bernini 52, ove Riina Salvatore ha trascorso l’ultimo periodo di latitanza prima di essere arrestato il 15 gennaio 1993”.
Montalbano, che inizialmente non era stato indagato per la vicenda del covo di Riina, è stato poi arrestato nel 1999 per aver favorito la latitanza del boss di Sciacca Salvatore Di Gangi. Venne assolto da quell’accusa, ma nel 2004 è stato poi condannato a sette anni e sei mesi di reclusione dal tribunale di Sciacca per concorso esterno in associazione mafiosa, condanna poi confermata in appello nel 2009. Coincidenza vuole che l’imprenditore siciliano fosse in affari con Roberto Merra, suocero di Gianfranco Micciché, indimenticato ex viceministro dell’Economia nonché fratello del potente direttore generale di Intesa Sanpaolo.