Chi festeggia per le dimissioni di Ignazio Marino, chi inneggia alla liberazione di Roma perché finalmente è stato cacciato il marziano, ha un ottimo senso dell’umorismo. Roma brucia ma brinda. Brinda a cosa?
E’ venuta l’ora di dirsi una verità amara e persino crudele, perché in gioco ci sono le vite di migliaia di lavoratori, delle loro famiglie: il comune di Roma deve fallire. Le società partecipate devono portare i libri contabili in tribunale. Il fallimento è l’unica salvezza, l’unico modo per guardare in faccia alla realtà e spiegare che qualunque sindaco, anche Star Trek, poco potrebbe con un’amministrazione che è riuscita a superare ciò che sembrava insuperabile.
Elenco alcuni dati che illustrano il livello del malaffare, la quantità di disonesti, l’enorme massa di incapaci.
Su 2300 bus disponibili, solo 800 sono quelli attivi e circolanti. L’Atac perde oltre 100 milioni di euro all’anno (373 milioni dal 2010 al 2013), mentre l’evasione tariffaria raggiunge il livello spropositato di 120 milioni annui. La cura dei nomadi costa 24 milioni all’anno. Sono 35 enti e 400 persone impiegate. Per tenere aperta la latrina di Castel Romano, quel recinto che sembra un immondezzaio, il comune spende 5 milioni di euro ogni anno. Una famiglia di nomadi di 5 persone costa al comune 270mila euro all’anno.
I lavori della metro C sono stati affidati per alcune tratte in presenza unicamente dei progetti preliminari. Un modo semplice ed efficace per alzare le quotazioni degli appalti che infatti hanno subìto incrementi pari a 692 milioni di euro, passando da un costo preventivato di 3 miliardi e 47 milioni a 3 miliardi e 739 milioni di euro.
L’Ater, la società che gestisce le case pubbliche di Roma, ha in proprietà circa 42 mila immobili. Di questi conosce il canone di affitto di 24mila. Solo 16 inquilini di altrettante abitazioni pagano un canone superiore a 1000 euro al mese. Sono 7066 le case affittate a 7 euro e 75 centesimi mensili. Abbiamo capito quanto incassa. Vediamo quanto paga per fornire ai romani disagiati – non bastando il patrimonio pubblico – un alloggio.
L’assistenza abitativa mangia 43 milioni di euro. Come e chi mangia? Esempio: gli immobili facenti capo alla società detenuta all’83% dal calciatore Francesco Totti sono 35 e sono situati a Tor Tre Teste. Costo annuo: 900mila euro. Costo per abitazione: più di tremila euro al mese.
Roma è sporca. Vogliamo vedere quanti debiti ha accumulato Ama? 700 milioni. E Acea che fornisce acqua e luce? Due miliardi.
Queste cifre, fino a qualche mese fa, erano sepolte dall’indifferenza. Le massicce iniezioni di danaro, gli appalti continui e spesso truffaldini, i grandi eventi milionari (ricordate l’invenzione della Notte bianca?) deformavano il quadro, dopavano la città, facevano in modo che non si sapesse, non si parlasse. Chissà quante buche coperte con soli due o tre centimetri di asfalto, rubando milioni di euro. E quanti bus si compravano a debito, quanti pezzi di ricambio si acquistavano (a debito) all’esterno, quante assunzioni farlocche, quanti controlli per finta, quanti vigili corrotti, ingegneri comprati, geometri collusi, quanti impegni si onoravano con una parola falsa, quanti truffatori si convocavano al Campidoglio, quanti dirigenti chiudevano un occhio, quanti cittadini esultavano beoti.
Ora – finiti i fuochi d’artificio, le truffe contabili, l’indigestione di miliardi – non resta a Roma che la strada della verità: portare i libri in tribunale, accatastare i dirigenti infedeli in una cantina, prendere una scopa e iniziare a fare piazza pulita.