Piacere quotidiano

Edoardo Raspelli, il giornalista che ti aspetti 

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Dopo anni di stalking-mail recupero  il piacere di Edoardo Raspelli, il giornalista che ti aspetti e per questo, apprezzi. Per i non addetti al lavoro giornalistico, il “nostro” ha una media invio comunicati stampa da fare invidia a qualsiasi ministero che debba convincere i cittadini della bontà delle proprie riforme azzanna contribuenti.

I suoi testi sono per lo più monotematici in quanto trattasi prevalentemente di cibarie, ma offrono un’ampia tavolozza di colori che a seconda delle stagioni variano da Sfida “all’ultima trisa” tra i polentieri della valle del Chiese-Madrina Liubetta Novari, testimonial del “cronista della gastronomia” e conduttore su Canale 5 di Melaverde, alla versione estiva simil sportiva del “Frizzi e lazzi (e Razzi) e grande successo dell’iniziativa numero 25 di Mario e Patrick Baldassari. In diecimila al Vip master di Milano Marittima tra le bizze di Francesca Cipriani si sono esibiti, tra gli altri, oltre al senatore imitato da Crozza” e il testo prosegue con il rosario di nomi di Vip e Nip d’ordinanza.

Giampiero Mughini, stanco dello stalkeraggio ha scritto: “C’è niente da fare, ogni giorno che viene in terra mi arriva un annuncio autopromozionale di Edoardo Raspelli, un giornalista iperspecializzato nell’assaggio e nella valutazione dei cibi, uno permanentemente in favore di camera mentre degusta leccornia o manda giù un buon vino, una rockstar di quel gran circo massmediatico che sono le trasmissioni dedicate al “magnare”, uno che sta compiendo 66 anni e che molto tempo fa è stato un mio compagno di lavoro durante un’infelice trasmissione televisiva. Beninteso, auguro a Edoardo ogni bene, ogni assaggio, ogni fattura andata in porto a compenso del suo inarrestabile degustare e inghiottire”.

Raspelli  è ciò che scrive, che lo appassiona e fa, senza trucco o barbatrucco. Non ha bisogno di inventarsi un tema esistenziale per promuovere la sagra della patata bolognese, non cerca agganci sociologici neppure per promuovere il suo orgoglio di papà nell’annunciare: “In 109 pagine struggenti emozionanti drammatiche, piene di sapore e poesia, quello che “due occhi qualunque hanno visto e due orecchie qualunque ascoltato” in due angoli emblematici del mondo: la testimonianza in Burundi ed in Palestina di una volontaria, una psicologa dottore di ricerca, Simona Raspelli, mia figlia”.

Se per molti dunque, Raspelli è considerato poco più che un simpatico markettaro, io sto con lui: magari consigliando al suo ufficio stampa di fare più attenzione agli spazi tra parole e punteggiatura o limando aggettivi fin troppo superlativi. Meglio un Raspelli che tanti di noi che per fare passare il pezzo encomiastico sugli amici degli amici la prendono così larga da dimenticare da dove sono partiti.

Certo il lavoro del critico o del cosiddetto esperto non deve essere semplice se fatto con la penna rigorosa piuttosto che la lingua e penzoloni come i cani a ferragosto. E peggio sono quei testi che trasudano giudizi al fiele magari solo perché il destinatario è un malcapitato non-amico di qualche amico dello scrivente.
Alcuni  articoli sono imbarazzanti per come prendono per il naso i destinatari finali, i lettori.

Con l’aggravante di pretendere di convincere o, peggio, diffondere il pensiero unico che il buon gusto risieda solo in ciò che piace a chi ne scrive. Altra categoria sono poi  i senza  più nuove idee che usano – o copiano – tutto lo scibile statistico e non per firmare anche poche righe la cui unica finalità è far ricordare che esistono.

Raspelli non è così: i testi sono lunghi florilegi di aggettivi in cui ringrazia sempre il destinatario per la pazienza. Lo fa preventivamente a inizio comunicato (come si dovrebbe fare con la mancia negli alberghi secondo la teoria che sostiene che lasciarla in ingresso assicura maggiore cura nel servizio) e già questo predispone positivamente o quantomeno non mal-dispone.

Confesso quindi che se un tempo cancellavo in automatico la mail di Raspelli ora, anche solo velocemente, scorro il testo.

Immagino  il suo faccione sorridente, attorniato da amici o pseudo tali impegnati a selfarsi. O magari penso al giornalista gastronomico agghindato da boscaiolo immerso tra i pioppi della provincia di Sondrio mentre degusta formaggi. Alla faccia dei rosiconi e dei markettari travestiti da quelli che Edoardo Bennato descrive come “dotti, medici e sapienti, per parlare, giudicare, valutare e provvedere e trovare dei rimedi” che anche senza essere al congresso, sono sempre tanti!