“Appare dunque quanto mai necessario un approfondimento degli eventuali legami che potrebbero intercorrere tra i due eventi” poiché non è esclusa una connessione “quantomeno sotto un profilo strettamente cronologico, con i fatti occorsi la notte tra il 6 e il 7 marzo, concernenti la tragica morte del dott. David Rossi, responsabile della comunicazione di Mps”. Un esposto presentato alla procura di Siena l’11 marzo di due anni fa chiedeva ai magistrati di indagare, ma per il momento è rimasto ancora senza risposta. Lo aveva presentato Michele Briamonte, all’epoca consigliere d’amministrazione della banca senese, finito al centro di un’inchiesta per fuga di notizie e, quindi, insider trading, accuse dalle quali è stato prosciolto il 5 settembre scorso.
L’evento sul quale l’avvocato torinese invitava a focalizzare l’attenzione è la pubblicazione da parte dell’agenzia di stampa Reuters, il 6 marzo 2013 tra le 18.49 e le 18.58, di due lanci riguardo la quantificazione in 1,2 miliardi di euro del danno richiesto dal Monte dei Paschi a Nomura e Deutsche Bank, oltre che agli ex vertici Giuseppe Mussari e Antonio Vigni. Circa un’ora dopo, infatti, David Rossi vola dalla finestra del suo ufficio di Rocca Salimbeni e il suo corpo viene ritrovato disteso sul selciato del vicolo di Monte Pio. Una morte archiviata come suicidio ma sulla quale, secondo la moglie Antonella Tognazzi e il legale Luca Goracci, permangono molti dubbi. La Procura di Siena ha chiuso l’indagine nel marzo 2014 e lo scorso 10 novembre anche la Procura generale, interpellata dalla famiglia per chiedere la riapertura dell’inchiesta, ha confermato il no dei magistrati toscani. Nel nulla è evidentemente finita anche la richiesta di Briamonte ai magistrati, pochi giorni dopo la morte di Rossi, di verificare gli eventi di quelle ore.
I fatti li espone lo stesso ex consigliere della banca, in quel momento indagato per la poi smentita fuga di notizie dal consiglio di amministrazione di Mps del 28 febbraio 2013, quando venne decisa l’azione civile contro gli ex vertici e le banche Nomura e Deutsche Bank per le operazioni strutturate in derivati Alexandria e Santorini. Come ha poi accertato la magistratura quei fatti non erano “price sensitive” e non hanno alterato il mercato borsistico, oltre che essere già noti da oltre un mese. Briamonte parte dalla necessità di far luce sui lanci stessi della Reuters perché solo dopo la loro pubblicazione “l’esponente, come probabilmente tutti gli altri membri del Consiglio diversi dal presidente e dall’amministratore delegato, è venuto a conoscenza del sensibile dato” e nella seduta del giorno seguente “il titolo Mps ha registrato un andamento fortemente anomalo, ottenendo un incremento del +7,30% a fronte di un andamento generale degli indici e dei titoli estremamente più contenuto”. Poi prosegue: “Non solo. Quanto sinora narrato, potrebbe anche essere connesso, quantomeno sotto un profilo strettamente cronologico, con i tragici fatti occorsi la notte tra il 6 e il 7 marzo”. Ovvero la morte di Rossi. Un possibile intreccio che Briamonte – poi interdetto dal gip per due mesi dalla sua posizione e a luglio 2013 rimosso dal suo incarico in seno al cda – ha ribadito anche in una memoria difensiva presentata a maggio.
A luglio 2014, il pubblico ministero Livio Turco ha chiesto al gip Alessandro Monti di accogliere i motivi della difesa di Briamonte, sostenuta dagli avvocati Franco Coppi e Luigi Chiappero, poiché appurò che il consigliere aveva in effetti non confermato né smentito la notizia dell’azione civile. Il 5 settembre di quest’anno, la definitiva archiviazione del caso. Nel frattempo, del suo esposto sugli eventi del 6 marzo si è persa traccia. Nessun approfondimento su chi avesse fornito i dettagli alla Reuters e se quelle notizie abbiano alterato o meno il titolo in Borsa. Nessuna lente d’ingrandimento sulla connessione, che secondo Briamonte, poteva intercorrere tra le notizia diffuse dall’agenzia di stampa e la morte di Rossi. Un decesso per il quale la famiglia non ha ancora smesso di lottare. A fine agosto, come riportato da Lettera43, la vedova del capo comunicazione di Mps ha annunciato tramite il proprio legale di voler chiedere nuovamente la riapertura delle indagini. Alla base del nuovo tentativo ci sarebbero tre perizie: una medico legale, una relativa al filmato del volo ripreso da una telecamera di sicurezza della banca e l’ultima, calligrafica, secondo cui i biglietti d’addio alla moglie sarebbero stati scritti “sotto coercizione”.
Aggiornato da redazione web il 16/11/2015