Sarà guerra totale a Ponticelli, quartiere alla periferia Est di Napoli ma anche in altre zone della città. L’omicidio di Annunziata D’Amico, sorella dei boss Giuseppe e Antonio D’Amico, attualmente detenuti e ritenuti a capo dell’omonimo clan, è destinato a scatenare uno scontro su più fronti.
I killer – ieri pomeriggio – sono entrati in azione nel rione Conocal – un agglomerato di fabbricati popolari – ed hanno ferito mortalmente con sette colpi di pistola la donna proprio all’uscita del portone della palazzina dove abitava in un appartamento del primo piano. Nonostante la corsa alla Clinica Villa Betania è deceduta dopo qualche minuto. Non sono mancate scene di rabbia e violenza al nosocomio da parte di familiari e conoscenti della D’Amico che hanno costretto le forze dell’ordine a blindare la clinica fino a notte fonda. Le indagini sono puntate sul gruppo facente capo a Marco De Micco, noto come “Bodo” che da gregario è cresciuto criminalmente approfittando del declino della famiglia-clan Sarno e dell’amicizia con i Cuccaro del quartiere Barra. E proprio pochi giorni fa è stato acciuffato dalla polizia, dopo una lunga latitanza, uno dei capi del clan: Michele Cuccaro. A marzo poi il blitz dei carabinieri decimò proprio il clan D’Amico con un’ondata di più di 60 arresti.
Nelle immagine girate dai militari al rione Conocal, dove i D’Amico da anni la fanno da padrone, si vedevano i guaglioni in sella a moto che scorrazzavano armati di pistole e mitragliette mentre portavano a segno raid e missioni di morte. L’esecuzione della D’Amico riporta sotto i riflettori nuovamente l’emergenza camorra. Le camorre per una antica regola non sparava contro le donne anche se considerate boss in gonnella come Nunzia D’Amico. Ora invece non si guarda in faccia a nessuno. E’ una guerra del tutti contro tutti. Gangherismo violento e criminale di elevata pericolosità sociale. E proprio sul luogo dell’omicidio nella sparatoria è stato centrato anche un passeggino fortunatamente il piccolo è stato messo in salvo appena in tempo. Al di là delle chiacchiere di rinforzi, contingenti di forze dell’ordine, ripristino della videosorveglianza, riunioni, vertici e summit nulla sembra in concreto muoversi. Napoli resta ed è una polveriera. Ci sono quartieri inaccessibili dove neppure polizia e carabinieri possono entrarvi per i pattugliamenti. I rioni della malavita fanno paura. C’è chi fiancheggiano e appoggia boss e affiliati. Le persone perbene, la stragrande maggioranza, subiscono e vivono in ostaggio tra il terrore e la paura.
San Giovanni, Barra, Ponticelli, Rione Traiano, Forcella e Rione Sanità sono solo un esempio di territori totalmente controllati dalle paranze della camorra. Nunzia D’Amico – lo raccontano alcuni collaboratori di giustizia – ormai aveva preso le redini del clan al posto dei fratelli e controllava le attività illegali : estorsione, spaccio, usura. La sua eliminazione oltre a spianare la strada alle mire di altri clan a Ponticelli potrebbe rappresentare l’inizio di una guerra ben più ampia e profonda che coinvolgerebbe anche i cosiddetti gruppi satelliti operanti in altre zone della città. Ciò che colpisce però è il forte senso di appartenenza degli affiliati ai clan D’Amico o De Micco.
I “soldati” si tatuato sulla pelle rispettivamente la scritta “Frauella” (fragolina), soprannome del boss boss Giuseppe D’Amico o “Bobo” nomignolo, invece, di Marco De Micco. Esericti contrapposti e pronti allo spargimento di sangue per la propria supremazia criminale. Non un semplice scontro per il controllo delle attività illecite nella periferia Est ma un conflitto ben più ampio. I De Micco vogliono affermare una nuova leadership camorrista a Napoli. Una sorta di rottamazione delle vecchie cosche. In particolare una vittoria dei De Micco contro il clan D’Amico segnerebbe un salto di qualità per tentare la conquista attraverso alleanze strategiche del centro storico di Napoli dove attualmente il precario comando è in mano alla cosiddetta “paranza dei bambini” e “paranza dei capelloni” entrambe colpite duramente dalla magistratura con arresti e sequestri. Scenari foschi e di grave allarme sociale che dovrebbero indurre il Governo ad agire. Non è più tempo di annunci e proclami. Occorrono segnali di inequivocabile durezza nell’intervenire per mettere in sicurezza la città. Non c’è più tempo. I partenopei non si arrendono sia chiaro, qui ci sono persone che combattono a viso aperto come Nicola Barbato, il poliziotto dell’antiracket che nell’adempiere al proprio dovere ha rischiato di perdere la vita per incastrare due estorsori denunciati da un imprenditore. Ora lo Stato faccia lo Stato. Sono mesi che lo scriviamo. E’ una guerra sanguinaria e bisogna combatterla. I Fort Apache delle camorre devono essere violati. Tolleranza zero contro i camorristi. Pene certe e detenzione in carcere senza sconti. Napoli non è città camorrista. Basta con la mattanza e con l’eterno lutto da elaborare.