Proprio non ci siamo. Sono contento che l’Onu finalmente si svegli e punti il dito contro la deplorevole gestione del governo brasiliano, in questo caso per quel che riguarda la “pulizia” di bambini di strada e di favela in vista delle Olimpiadi a Rio. Il governo si è affrettato a spiegare che gli omicidi di minori sono diminuite negli ultimi dieci anni. La Rio de Janeiro per i ricchi e per i turisti è cambiata negli ultimi anni, è vero. È una città relativamente sicura, per lo meno quanto possa esserlo una grande metropoli, in Sudamerica per giunta. Ma il problema è un altro. Ovvero i territori di nessuno delle favelas e delle periferie. Lì ha paura a entrarci persino la polizia e lo credo bene perché l’efferatezza dei narcotrafficanti è inaudita. Possono ammazzare qualcuno senza nessun motivo. Un errore, che può essere costituito anche solo da un minuto di ritardo nella consegna di una partita di droga si paga con la morte, spesso appesi vivi a testa in giù in copertoni di camion dati alle fiamme. Bestie col cervello sconvolto che non hanno assolutamente niente da perdere. Giovani e meno giovani poliziotti, anche armati fino ai denti sanno benissimo di non avere affatto tutte le probabilità che ha un impiegato di tornare a casa la sera. Sembrano solo leggende e invece la situazione è peggiore di quanto si pensi.
Noi stessi nella nostra Ong a Rio abbiamo alcune volte avuto a che fare con bambini di dieci o undici anni, completamente disorientati, che chiedevano a modo loro aiuto nell’oscuro tentativo di tirarsi fuori dal giro che li vedeva già a capo di gruppi di altri bambini o di adolescenti. Bambini abituati a maneggiare mitra e revolver, specie di piccoli mostri che cercano di giocare, ma che di tanto in tanto hanno un guizzo assassino nello sguardo. Se fanno un disegnino è un suburbio sovrastato da elicotteri della polizia. Non è inconsueto che uno sbirro, padre di famiglia di 50 anni, si veda sparare addosso da un bambino. Cosa deve fare? Rispondere al fuoco o scappare? Forse preferirà tentare di cambiare incarico.
Ci sono poliziotti onesti e molti corrotti. Mentre i primi vanno fuori di testa i secondi non si fanno scrupoli a prendersela con i più deboli come bambini, innumerevoli, per le strade o strafattoni di crac che non si reggono nemmeno più in piedi.
Il punto cruciale comunque è che non c’è nessun controllo e non ci potrà mai essere poiché i territori controllati dai narcos sono letteralmente inaccessibili, mentre le strade di una metropoli così chi può seguirle? Dovrebbe essere la stessa polizia che uccide i minori, come finalmente si è degnata di rilevare l’Onu. Ma chi potrebbe andare a controllare cosa fanno? Ve la immaginate una delegazione dell’Onu che va a vedere, o i caschi blu che pattugliano le strade per controllare la polizia? I dati sugli omicidi possono essere manipolati e lo sono di sicuro. La denuncia dell’Onu servirà anche a dare un giro di vite sull’attenzione che metteranno per occultare tutto. A questo si aggiunge che molti bambini non sono nemmeno registrati e comunque possono essere fatti sparire senza che nessuno ne sappia più nulla, i familiari spesso non sanno nemmeno come muoversi fuori da una favela.
Mentre il maggiore impegno di molti politici brasiliani negli ultimi tempi è stato quello di riuscire a canalizzare ingenti quantità di denaro della Petrobras in Svizzera e altri paradisi fiscali, il governo brasiliano, avido di potere, di soldi e di riscatto tenta disperatamente di fare bella figura con la comunità internazionale, mentre non riesce a infilarne una giusta. Dovrebbe essere pesantemente sanzionato e non solo per questa vicenda, solo che ha troppo potere, troppo territorio, troppe miniere e, adesso, le Olimpiadi. Unica possibilità concreta, per quanto pateticamente romantica, che un minimo di luce entri nella coscienza dei vertici e si spanda a cascata su tutti gli altri, in maniera da cominciare (solo cominciare) a rendersi conto della portata di questa sconfitta sociale.
Foto: ©mvillone – Casa do Menor, Rio. Rappresentazione teatrale sulla vita di strada interpretata dagli stessi bambini accolti dalla Casa do Menor, a regia di Ivan Tanteri (Attore e regista italiano, volontario in Brasile)