Durante l’udienza preliminare davanti al gup di Milano del processo sulla ristrutturazione del derivato Alexandria stipulato dal Monte dei Paschi di Siena con la banca giapponese Nomura hanno chiesto di costituirsi parte civile oltre mille azionisti, associazioni di consumatori, la Banca d’Italia, la Consob, l’istituto stesso e la stessa Fondazione Monte dei Paschi di Siena, ex azionista di maggioranza di Mps. Ma l’ente ora guidato da Marcello Clarich ha deciso di non chiedere un risarcimento, in caso di condanna, all’ex presidente dell’istituto Giuseppe Mussari e all’ex direttore generale Antonio Vigni, bensì solo all’ex capo dell’area finanza Gianluca Baldassarri, all’ex amministratore delegato di Nomura International Sadeq Sayeed e al suo capo trader per l’Europa Raffaele Ricci. Che sono alla sbarra con l’accusa di falso in bilancio e per il solo 2009 manipolazione del mercato insieme alle due banche, imputate in base alla legge 231 sulla responsabilità delle aziende.
Al termine dell’udienza il gup Livio Antonello Cristofano ha respinto tutte le eccezioni presentate da banca Nomura, Mps, Sayeed e altri e ha rinviato l’udienza per l’ammissione delle parte civili. Piazza Salimbeni ha poi fatto sapere di non aver chiesto la costituzione come parte civile nei confronti di Mussari e Vigni “perché ha già chiesto agli stessi ogni danno patrimoniale e non patrimoniale (compresi quello da illecito) nel processo civile pendente davanti al Tribunale di Firenze”.
Secondo i pm di Milano, gli imputati “agendo in concorso quanto meno tra loro con l’intenzione di ingannare i soci e il pubblico per conseguire per sé e per gli altri un ingiusto profitto“, avrebbero esposto fatti non veritieri o omesso dati su Mps, causando alla banca “un danno patrimoniale di rilevante entità”. Gli imputati hanno respinto gli addebiti. L’inchiesta, avviata dalla Procura di Siena e poi trasferita a Milano per competenza territoriale, riguarda il bilancio 2009 presentato dall’istituto di Rocca Salimbeni e approvato nell’aprile dell’anno successivo, nel quale secondo i pm Giordano Baggio, Stefano Civardi e Mauro Clerici sono stati occultati circa 300 milioni di perdite causate dalla ristrutturazione di Alexandria. Che è stato definitivamente chiuso lo scorso 23 settembre come da richiesta della Bce con un esborso di 359 milioni a carico della banca italiana.
Mussari, Vigni e Baldassarri il 31 ottobre 2014 sono stati condannati in primo grado dal Tribunale di Siena a tre anni e mezzo di reclusione, oltre a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici e al risarcimento della parte civile Banca d’Italia, per ostacolo all’autorità di vigilanza nell’ambito del filone sul presunto occultamento del contratto (“mandate agreement”) sottoscritto da Banca Mps con Banca Nomura e che, secondo i magistrati, sarebbe stato nascosto alle autorità di vigilanza perché realizzava il collegamento negoziale fra la ristrutturazione del derivato e l’operazione Btp 2034. Tutti e tre gli imputati hanno fatto ricorso in appello e il processo di secondo grado deve ancora iniziare.
Per quanto riguarda l’inchiesta senese, ricorda l’agenzia Reuters, è stata archiviata a fine 2013 la posizione dell’ex vice direttore generale di Mps Marco Morelli. Gli stessi pm nella richiesta di archiviazione hanno scritto che Morelli “non è risultato da fine 2007 l’interlocutore dell’Autorità di vigilanza sull’operazione Fresh”, parte del finanziamento per l’acquisto di Antonveneta. Inoltre è priva di riscontro “la sua conoscenza dell’evoluzione delle fasi propedeutiche che culminarono con predetta autorizzazione, disponendo di un patrimonio conoscitivo praticamente nullo per quanto attiene ai rapporti tecnici con Banca d’Italia sul tema del Fresh”. Per quanto riguarda Alexandria numerose testimonianze rese nel dibattimento spiegano che proprio Morelli era contrario all’operazione, chiedendo il blocco dell’attività dell’area finanza e un audit interno. L’archiviazione è stata disposta anche per l’ex direttore generale della banca Fabrizio Rossi.
Sono ancora pendenti in procura a Milano, dopo il trasferimento da Siena, i filoni sul derivato Santorini e sull’acquisizione di Antonveneta. Nel primo caso, oltre agli ex vertici della banca senese, sono indagati Deutsche Bank (la controparte nel contratto) in base alla legge 231 e un manager della banca tedesca che all’epoca dei fatti era a capo delle operazioni che avevano portato alla sottoscrizione da parte di Mps del derivato Santorini nel 2002, poi ristrutturato nel 2008 e chiuso nel 2013. Le ipotesi di reato sono falso in bilancio e aggiottaggio. Anche in questo caso gli indagati hanno respinto ogni addebito e la banca tedesca in una nota ha detto di collaborare alle indagini. L’accordo chiuso fra Mps e Deutsche Bank su Santorini nel 2013 comportò un onere una tantum di 194 milioni di euro sui conti della banca italiana. Mps, per chiudere il contratto, pagò una transazione da 525 milioni, con uno sconto di circa 220 milioni sui valori di mercato.
Il fascicolo su Antonveneta partito da Siena riguarda invece il reperimento delle risorse per l’acquisizione da oltre 10 miliardi di euro dell’istituto da Santander nel 2007 e vede indagati ancora gli ex vertici di Mps e JP Morgan per ostacolo all’autorità di vigilanza e manipolazione del mercato. E’ il fascicolo ribattezzato “banda del 5%”. Le indagini sono condotte dalla procura di Siena e l’ipotesi di reato è associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni della banca senese. Gli indagati sono 11, tra i quali ancora Baldassarri oltre a ex funzionari della banca e broker. Secondo la procura, a Mps sarebbero stati ottratti almeno 47 milioni di euro. La procura di Siena è in attesa di una rogatoria da Singapore. Tutti i principali indagati, al momento dell’emersione di questa indagine in occasione di perquisizioni nel febbraio 2014, hanno respinto ogni addebito.