Tanti temi trattati (scelti con efficace perizia tra quelli più dibattuti negli ultimi tempi), una conduzione energica come era nelle attese, l'utilizzo della Rete per le domande che per una volta sono sembrate meno imbalsamate e insipide del solito. Il programma funziona, insomma, perché si discosta dai soliti talk show e tenta di aprire una strada nuova
Poco più di un milione di spettatori (5,7% di share) per l’esordio-fiume di OpenSpace, il social talk di Italia1 condotto dalla iena Nadia Toffa. Un programma che prometteva una sorta di rivoluzione del genere e che in alcuni tratti ha mostrato tutta la sua carica innovativa. Tanti temi trattati (scelti con efficace perizia tra quelli più dibattuti negli ultimi tempi), una conduzione energica come era nelle attese, l’utilizzo della Rete per le domande che per una volta sono sembrate meno imbalsamate e insipide del solito. Il programma funziona, insomma, perché in effetti si discosta dai soliti talk show e tenta di aprire una strada nuova. Ma qualcosa da migliorare c’è, e visto che OpenSpace durerà almeno altre tre puntate, c’è tutto il tempo per farlo. A cominciare dalla durata infinita (il programma è finito all’una di notte), che quasi annulla il ritmo fresco e giovane con una maratona che sfianca anche l’ascoltatore più attento. Altra cosa da migliorare assolutamente è il montaggio, visto che il programma è registrato e si nota troppo. I salti nel montaggio sono sembrati un po’ grossolani e l’evidente registrazione mina il piglio aggressivo del format. Nadia Toffa ha cominciato la puntata un po’ troppo sopra le righe, con una conduzione che è sembrata troppo fisica (gli ospiti non si toccano, per esempio), ma nel corso della puntata si è sciolta, ha mostrato tutta la sua aggressiva indole da iena e soprattutto una spigliatezza fresca che alla tv di oggi serve come l’aria. Scegliere lei come conduttrice di questo spin-off delle Iene è stata una scelta vincente, perché già da tempo la Toffa è la iena più apprezzata dai social network, bacino naturale di OpenSpace. Bocciati, almeno per il momento, i giovanissimi inviati. Poco efficaci nell’approccio ai personaggi da intervistare, un po’ ingolfati, penalizzati dal montaggio misero dei loro servizi in esterna. La loro presenza può funzionare, ma non così, non con uno spazio risicato e sfruttato male.
I temi trattati, dicevamo, sono stati scelti con furba perizia, a cominciare dall’intervista (in realtà un po’ insipida) a monsignor Charamsa, il prelato che con il suo coming out ha rilanciato il sempreverde tema dell’omosessualità nella Chiesa. L’immancabile ospitata di Mario Adinolfi è sembrato un passo indietro nelle intenzioni di rottura del programma, visto che il direttore de La Croce imperversa su tutti i talk show “tradizionali” quando si parla di omosessualità, diritti e Chiesa cattolica. Particolarmente efficace è sembrata, invece, la parte dedicata al calcioscommesse, con il “pentito” Carlo Gervasoni in studio a raccontare il sistema che lo vedeva protagonista e il giornalista del Fatto Andrea Scanzi a fare da contraltare e a ricostruire lo scenario di un calcio sempre meno credibile. Una strizzatina d’occhio ai social, poi, con la discussione sugli haters, con miss Italia, Frank Matano e Paolo Ruffini in studio. Ruffini ha tentato di buttarla in caciara, come di consueto, mentre Nadia Toffa provava a sottolineare gli aspetti più pericolosi del cyberbullismo, soprattutto nei confronti dei più giovani, raccontando una vicenda di cronaca che ha coinvolto una ragazzina siciliana beccata dalle telecamere di sorveglianza di un centro commerciale mentre faceva sesso con il suo ragazzo (con il video che puntualmente è diventato virale). Le parti più riuscite del programma, però, sono state due: quella riguardante la ludopatia e il gioco d’azzardo tra i più giovani (cavallo di battaglia delle Iene e di Nadia Toffa) e l’intervista a Luigi Di Maio del Movimento 5 Stelle. Di Maio è sembrato molto a suo agio in un contesto giovane, si è districato con destrezza tra le domande cattive provenienti dalla Rete e ha potuto contare su una Toffa evidentemente simpatetica. Un capitolo a parte merita l’intervista a Raffaele Sollecito, potenzialmente esplosiva e invece scialba e troppo morbida. Se hai Sollecito in studio e se puoi contare sulla naturale cattiveria della Rete, devi sfruttarlo meglio, altrimenti si rivela (e così è stato) un’occasione mancata.
OpenSpace, dunque, può essere considerato un esperimento riuscito in larga parte, con qualcosa da migliorare strada facendo. Già dalla prossima puntata ci aspettiamo una conduzione più rilassata (anche se la Toffa ha superato brillantemente il banco di prova), un montaggio più preciso e magari una durata ridotta che non sfianchi gli spettatori costringendoli a fare a cazzotti con il sonno in agguato.