Giovanni è l'artigiano 50enne che Oscar Farinetti ha definito "integralista radicale dei salumi". Nel suo laboratorio di Terrassa Padovana prepara insaccati senza additivi. "Per non usarli - spiega - bisogna stare attenti allo sviluppo batterico. Noi il sabato sterilizziamo tutto e si ricomincia il lunedì: così non c'è contaminazione"
Questo articolo di FQ Magazine fa parte di una serie di contenuti dedicati all’eccellenza enogastronomica italiana. Raccontiamo storie di produttori e appassionati che rappresentano una nicchia importante del made in Italy. Li abbiamo selezionati perché pensiamo che la tutela delle piccole produzioni rappresenti una via possibile per il rilancio del nostro Paese.
Peter Gomez
L’odore di muffa è forte. “Senti, annusa” mi invita Giovanni Bazza con le narici attaccate alla pelle “infiocchettata” di bianco dei suoi salami appesi a stagionare, uno accanto all’altro, in fila, lotto dopo lotto, nello stanzone umido. Un migliaio i pezzi prodotti a settimana, un centinaio le coppe e le pancette, 150 i chilogrammi di cotechino quando si arriva a Natale. Li odora, li tasta, sorride, ai suoi salami, legati a mano con lo spago. Li protegge dal “male”, che nel mondo dei salumi Bazza si manifesta sotto forma di nitrati, conservanti, derivati del latte, esaltatori di sapidità.
Il salame naturale di Bazza: dagli ostacoli in Italia al successo in Europa
Usa solo carne, sale e pepe, “Vanni, integralista radicale dei salumi”, come lo ha definito Oscar Farinetti. Tutto il resto, nel suo laboratorio di Terrassa Padovana, paesino sperduto dell’operosa campagna veneta, in cui anche gli affari si fanno in dialetto, è fuori legge.
“Quando ho iniziato, facevo un salame normale. Ma il mercato non mi dava spazio, non ero soddisfatto. Volevo fare una cosa diversa, più buona: decisi di togliere tutti gli additivi” racconta l’artigiano, 50 anni, che ha dovuto convincere Asl e Nas. “Abbiamo iniziato a usare tagli di carne più protetti in macellazione e nella lavorazione, quindi meno inquinati: se parti da una materia prima più sana, puoi rischiare di usare meno additivi. Per non usarli del tutto, bisogna stare attenti allo sviluppo batterico. Noi il sabato si sterilizza tutto e si ricomincia il lunedì: così non c’è contaminazione della carne della settimana prima con quella della settimana dopo” spiega Giovanni, che è figlio di un macellaio.
Un’intuizione azzardata, difficile da difendere nello scetticismo generale. Ma vincente. Oggi Bazza è uno dei migliori produttori di salami naturali dello Stivale e li esporta in tutta Europa. “Sto lavorando benissimo con i paesi scandinavi: Svezia, Norvegia, Danimarca. Là – rivela – sono molto attenti all’etichetta, più degli italiani. Meno ingredienti ci sono, più il prodotto è prestigioso”.
“Mio figlio? Sul lavoro lascio che sbagli”
Accanto a lui anche nel lavoro, la moglie Nicoletta e il figlio Enrico, 25 anni, cui si aggiungono altri due ragazzi. “Mio figlio è venuto a lavorare qui dopo la laurea in Scienze e tecnologie alimentari. Mi ha detto che gli piace questo lavoro e che lo vuole fare ancora meglio di me”. Il giovane Bazza ha studiato chimica e microbiologia, sa tutto della fermentazione. Già durante l’università, insieme a un professore, aveva messo a punto una tecnica per fare un cotechino precotto eccezionale, “senza quel tipico sentore di scatoletta” spiega il padre, che dalla sua ha qualcosa che Enrico non ha: l’esperienza. “Ma che la faccia anche lui, l’esperienza, che sbagli! Solo così si impara. Sono contento che abbia seguito la mia strada, così ha un lavoro che gli può dare da vivere. Lui fa parte di una nuova generazione, molto più preparata di noi, che abbiamo sempre lavorato solo con le mani. Questi giovani complementano tutte le nostre mancanze” conclude.
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