Un’altra giornata di violenza a Gerusalemme dove due attentati hanno provocato sei morti, tra cui tre attentatori, e almeno 20 feriti. Due terroristi hanno attaccato i passeggeri a bordo di un autobus e un uomo ha tentato di investire con l’auto delle persone che si trovavano a una fermata dei mezzi pubblici. Il premier Benjamin Netanyahu, in una riunione di emergenza del governo, ha detto: “Non esiterò a usare tutti i mezzi del nostro arsenale per riportare la calma“. Hamas, in un comunicato, si felicita per questa “intifada dei coltelli”: appena tre giorni fa c’erano stati altri due agguati a danno di israeliani.
A Malkei Israel Street, un uomo alla guida di un’auto si è andato a schiantare contro la gente in attesa dell’autobus alla fermata, uccidendo il rabbino Yeshaye Krishevsky, 59 anni. L’aggressore è sceso poi dalla macchina ed ha iniziato a pugnalare i passanti, ferendone cinque prima di essere ucciso dalla polizia. Il secondo attacco è avvenuto nel quartiere di Armon Hanatziv, dove due uomini hanno attaccato con coltelli e armi da fuoco i passeggeri che viaggiavano a bordo di un autobus, ferendone 16 e uccidendone 2. Le forze di polizia intervenute sul posto hanno ucciso entrambi gli aggressori, scrive il Jerusalem Post sul suo sito. Una fonte della sicurezza israeliana ha detto al quotidiano che i due attentati sembrano “assalti programmati e scadenzati. Non c’è dubbio sulla fonte dell’istigazione della sequenza degli attacchi terroristi di questa mattina”. Uno degli aggressori – hanno detto i media – è parente di uno degli attentatori che nel novembre del 2014 attaccò la sinagoga di Har Nof, nei sobborghi di Gerusalemme, uccidendo 5 israeliani.
Non solo Gerusalemme, però, nella cosiddetta ‘Giornata della rabbia’ dichiarata da diversi gruppi palestinesi per Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est. Ci sono stati anche tre accoltellamenti, di cui due a Ranana, a nord di Tel Aviv. Prima un palestinese di circa vent’anni ha cercato di colpire alcune persone che aspettavano l’autobus ed è stato bloccato dai passanti. Il portavoce della polizia Micky Rosenfeld ha riferito che un solo israeliano è rimasto ferito. Durante il secondo attacco un uomo ha accoltellato quattro persone, di cui due sono in condizioni gravi, ed è stato arrestato. Nella notte si è registrato un altro attacco con coltello a bordo di un autobus a Gerusalemme: un palestinese ha accoltellato un militare tentando di rubargli l’arma, ma è rimasto ucciso dopo essere stato a sua volta attaccato da civili israeliani e poliziotti. La stampa locale infine riferisce che un ebreo israeliano è stato accoltellato da un compatriota ebreo a Kiriat Ata, a nordest di Haifa. L’accoltellamento è avvenuto in un negozio di mobili, forse per errore perché pare che l’aggressore intendesse colpire un arabo.
Hamas: “Attacchi eroici nella Palestina occupata”
Hamas in una nota ha espresso soddisfazione per gli attacchi anti-israeliani: “Hamas benedice gli eroici attacchi avvenuti stamattina nella Palestina occupata – si sente dagli altoparlanti delle moschee di Gaza City e di altre città della Striscia – Invitiamo i giovani a continuare a uccidere gli israeliani ovunque quando li vedono”. Sul web, intanto, è apparso un poster in cui le Brigate al-Qassam, l’ala militare del gruppo, si dicono pronte “a scacciare gli occupanti“. Venerdì scorso il capo de facto del governo di Hamas a Gaza, Ismail Haniye, ha invitato ad ampliare l’ondata di attacchi, trasformandola in una intifada per “liberare Gerusalemme”.
Israele: “Useremo ogni mezzo per riportare la calma”
“Non esiterò a usare tutti i mezzi del nostro arsenale per riportare la calma“, ha detto il primo ministro israeliano Netanyahu, in una riunione di emergenza del governo. “Voglio dire al presidente Abu Mazen: basta mentire e istigare. Un vero leader deve agire con responsabilità – ha continuato il premier – Non trasformate gli assassini in eroi. Per ristabilire la calma e la stabilità che servono ad entrambi i popoli, dovete fare quel che è necessario e noi dobbiamo fare quel che dobbiamo fare”.
“Se occorre chiudere quartieri e villaggi arabi dentro e attorno alla città per accrescere la sicurezza lo faremo – ha detto il sindaco di Gerusalemme Nir Barkat, che ha chiesto al governo di imporre un coprifuoco sulla popolazione palestinese – Non dobbiamo consentirgli di entrare, le vite dei cittadini sono più importanti di qualunque altra cosa. La mia raccomandazione è di dichiarare lo stato di assedio, perché non possiamo più andare avanti con questa situazione. Apprezzo il lavoro fatto dalle forze di sicurezza – ha concluso il primo cittadino – però siamo in guerra contro gruppi terroristici organizzati”. La regione sta vivendo un’ondata di violenze dal 1° ottobre, quando due coloni ebrei sono stati assassinati in Cisgiordania: a quell’episodio sono seguiti rivolte e disordini, oltre che una serie di accoltellamenti il cui bilancio è di 32 morti, di cui 28 palestinesi e quattro israeliani (escluse le vittime di oggi).
La Lega Araba: “Proteggere i palestinesi dalla macchina da guerra israeliana”
“Sosteniamo completamente la rivolta del popolo palestinese”, ha dichiarato il segretario generale della Lega Araba Nabil el Arabi in una riunione straordinaria al Cairo. Arabi ha poi lanciato un appello alla comunità internazionale ad assumersi le proprie responsabilità nei confronti dei palestinesi per “proteggerli dalla macchina da guerra israeliana”. Il rappresentante permanente palestinese alla Lega Araba ha condannato l’escalation dell’aggressione israeliana contro il suo popolo, e le violenze alla Moschea di al Aqsa a Gerusalemme, mentre Mohamed el Zaheri, il rappresentante degli Emirati Arabi Uniti, ha chiesto la convocazione di una riunione straordinaria dei ministri degli Esteri dei Paesi arabi.
L’Organizzazione per la Libera Palestina: “Il governo israeliano è responsabile delle violenze”
Il segretario generale dell’Olp, Saeb Erekat, ha attaccato l’operato di Netanyahu: “Riteniamo il governo israeliano completamente responsabile per l’escalation di violenza a Gerusalemme, in Cisgiordania e a Gaza. Questo è il risultato netto delle politiche di occupazione, delle colonie e dell’Apartheid. Molti dei ragazzi oggi nelle strade sono nati dopo Oslo – ha concluso, riferendosi agli accordi del 1993 di riconoscimento fra Israele e Olp – avevamo promesso loro indipendenza e libertà tramite i negoziati. Abbiamo fallito. Ogni tentativo di raggiungere un accordo per la soluzione a due stati è sempre stato ostacolato da Israele: la violenza chiama violenza”.