“La donna non può tradire perché deve restare pura, mentre l’uomo sì”. Il pensiero di Alexander Boettcher è riassunto così, nell’aula del Tribunale di Milano, da Emanuela Manzo, un’ex amica di Martina Levato, sentita come testimone nel processo a carico del broker accusato di una serie di aggressioni con l’acido. I due fidanzati sono già stati condannati in primo grado a 14 anni per lesioni gravissime a Pietro Barbini, sfigurato dall’acido il 28 dicembre 2014. E proprio questa mattina, Boettcher, attraverso i suoi legali, ha depositato il ricorso in appello contro la decisione dei giudici di primo grado.
Oltre a Manzo in aula ha parlato anche Giuliano Carparelli, ascoltato come teste e parte civile nel processo a carico del broker che il 15 novembre 2014 riuscì a proteggersi con un ombrello da un lancio di acido. Il 24enne davanti ai giudici riavvolge il nastro dei ricordi e racconta la paura vissuta dopo l’aggressione: “Ogni giorno cambiavo casa perché avevo paura di essere ammazzato e non sapevo da chi, per questo ogni volta che mi muovevo per strada giravo indossando un casco in testa e in un caso portai con me anche degli amici e delle mazze da baseball“. Lo fa in tribunale a Milano dove è stato.
Nella sua deposizione il 24enne, che lavora nella produzione di fotografie di moda, ricostruisce quel pomeriggio di novembre. Quando dalla sua casa di via Nino Bixio per andare in palestra e ha “visto subito gli occhi di Martina che mi guardavano, aveva un cappuccio in testa e dei cerotti a coprire parti del volto”. La ragazza, ricorda, “era stupita perché mi aveva trovato e mentre lei tirava fuori da una borsa un contenitore per lanciare l’acido, ho aperto subito l’ombrello e con quello mi sono protetto”. Poi ha spiegato di aver pedinato la ragazza mentre lei tornava verso la macchina e di essere stato “inseguito da un uomo che ha cercato di colpirmi con dello spray urticante“. Quella “persona – è sicuro Carparelli – era Alexander Boettcher”. Carparelli ha raccontato anche di aver riconosciuto i due come gli autori dell’aggressione ai suoi danni quando vide, il 29 dicembre 2014, le loro foto dopo l’arresto per il blitz ai danni di Barbini.
La difesa di Alexander, invece, ha fatto una serie di domande alla parte civile perché, come ha spiegato l’avvocato Michele Andreano, “questa difesa è assolutamente convinta che Carparelli non ha una vita tranquilla, anzi molto movimentata e chiunque avrebbe potuto colpirlo”. “Ho ancora paura, ogni volta che esco da un portone ho un soffio al cuore”, ha detto ai giudici Giuliano Carparelli.