Cucina

Novello, un (non) vino da lasciar bere soltanto ai finti intenditori

Come ogni autunno arrivano nei market e nelle enoteche le bottiglie “giovani”. Ma il prodotto è scadente, per colpa della legislazione. Altra storia in Francia

di Andrea Scanzi

Ci sono cose che fatichi a spiegare. Non te ne capaciti, non sai fartene una ragione. Perché Gasparri è vicepresidente del Senato? Perché Galliani è ancora amministratore delegato del Milan? E poi: a chi piace il vino novello? Perché, a novembre, ci si sente in colpa se non si ama quel vino rosso porpora strampalato e spesso deludente? Il novello è una brutta tassa alcolica che tocca scontare d’autunno, con la scusa che “sta bene con le castagne”.

Che è anche vero, ma ci sono tante altre tipologie che ben si adattano a castagne e castagnaccio: per esempio un buon vino dolce. O magari il vino nuovo, cioè appena fatto e quindi giovanissimo, che non è il novello. Già, ma cos’è il vino novello? “La qualificazione di “novello”, regolamentata da un decreto del 1992, può essere attribuita solo a vini I.G.T. e V.Q.P.R.D. bianchi o rossi leggeri, prodotti con la tecnica della macerazione carbonica per essere imbottigliati e immessi sul mercato immediatamente dopo la vendemmia (inizio di novembre) e comunque entro il 31 dicembre dello stesso anno.

Si tratta di vini dal sapore fruttato e fresco, con titolo alcolometrico totale minimo di almeno 11° e residuo zuccherino non superiore a 10 g/l. Le parole chiave sono “macerazione carbonica”, una tecnica particolare che dovrebbe caratterizzare il novello. Nella vinificazione naturale le uve vengono pigiate meccanicamente, nel novello no: “L’uva viene fatta fermentare senza pigiatura degli acini di uva, trasformando così meno zuccheri della frutta in alcol cosa che terrà basso il valore alcolico del vino che ne verrà prodotto, conferendogli il classico gusto fruttato e amabile classico del vino novello” (dal sito Vinovini.it).

Messa così potrebbe anche essere un vino curioso e in qualche modo tipico. Lo è però di rado, non solo perché nasce come vino di immediata fruizione e senza troppe pretese. In Italia, per chiamarsi novello, un vino può essere fatto anche solo con il 30 per cento di uve sottoposte a macerazione carbonica. E le altre? Le altre non si sa.

Ovviamente un vino novello sarà tanto più buono quanto la percentuale di uve sottoposte a macerazione carbonica sarà alta. E – altrettanto ovviamente – il novello che trovato a un euro al supermercato non sarà mai un gran novello. Qualcuno a questo punto potrebbe chiedere: “Perché il novello francese vi piace e il nostro no?”. Semplice: perché il celebre Beujolais Nouveau sottostà a una regolamentazione ferrea e deve essere fatto col 100% di uve sottoposte a macerazione carbonica.

In Italia, tanto per cambiare, si è appena più elastici. Ne deriva un vino quasi sempre prescindibile. Fidatevi: anche con le castagne scegliete altro, e se avete voglia di qualche bollicina facile sceglietevi un buon Lambrusco o un bel Prosecco col fondo.

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