Siamo diventati come gli inglesi. Anche noi quando ci incontriamo dal parrucchiere, sul tram o al supermercato, parliamo del tempo, del clima e delle piogge. La voglia di conoscere le condizioni del tempo del giorno dopo, o della settimana successiva, se si ha in programma di fare qualcosa di diverso e non stare a casa, si sta diffondendo sempre di più. Ci si affida al meteo, come a Frate Indovino. Le previsioni meteorologiche vengono seguite su siti, canali e app. In tv, come viene proiettata la cartina di previsione e appare il presentatore con l’immancabile bacchetta per indicare le aree colpite da venti, mareggiate e piogge, tutti si fermano ad ascoltare. Si zittiscono i bambini. Ssttt, fammi sentire. Fammi sentire che succede nei prossimi giorni!
Meglio sapere, anche perché i disastri sono all’ordine del giorno e non possiamo farci cogliere impreparati. Bisogna anticipare e limitare i danni che venti catastrofici provocano sul nostro territorio. Piogge torrenziali, grandinate e trombe d’aria si verificano sempre più spesso e non solo provocano tanta devastazione, ma anche tragedie e lutti. Come mai allora…con tutte queste tecnologie avanzate, ancora non riusciamo a sapere con esattezza quello che accadrà? I valori delle variabili dell’atmosfera, spiegano gli scienziati del Cnr, sono misurati da stazioni meteo, da satelliti, da aerei e tramite radiosondaggi in quota ottenuti grazie a palloni sonda che registrano pressione, temperatura, umidità e vento. Questi strumenti forniscono però un’informazione incompleta e non priva di errori. A questo va aggiunto anche un fattore psicologico non di secondaria importanza. La quasi “certa” prevedibilità ha ingenerato ormai nella gente un’aspettativa eccessiva, anche per piccoli fenomeni localizzati.
Ma una volta, quando ancora non esistevano strumenti sofisticati, come si faceva? La previsione metereologica esiste da sempre, solo che si faceva scrutando il cielo e stando sempre con il naso all’insù.
Quando eravamo piccoli ci hanno insegnato a guardare il cielo. ‘Guardate le nuvole’, ci dicevano. Se sono come una grossa montagna bianca, potrebbe piovere a breve, se invece sono nere e minacciose, sta per piovere.
Nuvole come Bernacca, dunque, e tramonti indiziari. “Rosso di sera bel tempo si spera”. Di nuovo l’indicatore naturale che la scienza conferma: l’osservazione del cielo. E anche della luna: se vediamo intorno un alone luminoso, prendete l’ombrello. La pioggia è certa.
Se però non vi fidate di App, nubi, aloni e tramonti, fate come me. Io in borsa porto sempre un ombrello leggero richiudibile. Anche d’estate. Già, è sempre con me da quella volta in cui incappai in una specie di diluvio universale che mi fece bagnare come un pulcino, nel brevissimo tratto che percorsi per raggiungere l’ufficio. Era il giorno dopo Ferragosto, il cielo era terso e non era prevista pioggia!