Stefania Chisu si è sfogata sulla sua pagina di Facebook, poi si è scusata ma non è bastato: i colleghi dell'organismo regionale hanno chiesto un suo passo indietro dopo le frasi sessiste
La bacheca social è personale, ma questo non è bastato – al momento – a placare le polemiche attorno al suo ruolo, presidente della commissione Pari opportunità della Regione Sardegna. Ma attorno a lei, Stefania Chisu, 45 anni, insegnante nuorese – anni nelle fila Udc e ora in Sel – e a quegli insulti volgari ad altre donne è scattato il tam tam. Il post, lungo e articolato, è apparso durante il weekend, nella notte tra sabato e domenica. Poi è sparito. E dopo un giorno sono arrivate le scuse, formali, sempre via Facebook. Nessun riferimento al caso che ha fatto scattare la rabbia e quindi lo sfogo da tastiera.
In poche righe Chisu – dopo una breve premessa sulle predisposizioni di tutti – ha espresso una particolare disistima verso una categoria di donne: “Quelle che nascono, crescono e purtroppo non cambiano il loro essere amanti del pene di tanti uomini…”. Ancora qualche precisazione sul suo titolo, a mo’ di scusa: “Per una volta non cascherà il mondo – ha scritto – se per un attimo mi tolgo la corona e il titolo onorifico che ho di difesa delle donne”. Poi la sintesi e l’insulto: “Chi ha nel Dna l’essere una gran troia, rimarrà tale per sempre”. Seguono i saluti, poi ancora il pentimento. Ma la rimozione non è sufficiente. Dopo ore di riflessione descrive le scuse come “doverose”: “Prima di tutto come donna e poi in qualità di presidente di una importante istituzione quale la Commissione Regionale Pari Opportunità”, una puntualizzazione preceduta da una faccina dispiaciuta.
Spiega che quello non è il suo linguaggio abituale, come sa bene chi la conosce. Una svista, la prima volta in assoluto di “un commento fuori dalle righe”. E ancora un’accusa alla stampa: “Non pensavo che i miei post personali potessero suscitare tanta attenzione, dal momento che per iniziative lodevoli ed importanti, la stessa stampa non ha ritenuto doveroso mettere in luce il lavoro della presidente all’interno della commissione”. Poi, di nuovo, il silenzio. Mentre nelle stesse ore quelle frasi rimbalzavano sul web e non solo. Tra condanne, prese di distanza e brontolii.
Tra le prime a definire “bestialità” quelle frasi c’è Francesca Ghirra, Sel, presidente della commissione Cultura del Comune di Cagliari. Su Fb rimarca l’importanza del linguaggio e dell’utilizzo consapevole dei social network. A seguire il deputato Michele Piras (Sel) ne chiede le dimissioni. E poi arriva la rappresaglia delle stesse colleghe della commissione: Emanuela Piredda lo fa a nome del partito Centro Democratico Sardegna. Per lei il passo indietro fatto non vale: “Chisu deve dimettersi per salvaguardare la dignità e l’autorevolezza della Commissione che lei dovrebbe rappresentare ai massimi livelli e che ha invece così pesantemente offeso”. Altro partito, altra consigliera della stessa commissione, Elena Secci, dei Riformatori sardi, che ne chiede le dimissioni: “Sono convinta che le parole abbiano sempre un peso che diventa maggiore se vengono pronunciate da persone che rivestono ruoli istituzionali”. E continua: “Da tanto tempo mi occupo di tematiche di genere e da troppo lotto contro stereotipi, etichette o categorizzazioni che purtroppo sono difficili da debellare. Il posto giusto per la presidente Chisu non è la commissione Pari opportunità”. Lo stesso vale per il Partito dei sardi, guidato da Franciscu Sedda: Chisu è inadeguata. Il motivo è sempre lo stesso: quelle frasi “non solo offendono le donne e la società tutta ma evidenziano quanto non sia chiaro per la signora l’obiettivo politico della commissione Pari opportunità che lei stessa presiede”. Ancora dichiarazioni, e ancora silenzio.