Rigettato la richiesta di patteggiamento avanzata dai legali del 65enne prete cremasco, legato a filo doppio a Comunione e Liberazione e già presidente del Banco alimentare
La richiesta di rinvio a giudizio era nell’aria ed è arrivata oggi: per il ‘prete in Mercedes’, al secolo don Mauro Inzoli, accusato di violenza sessuale con abuso di autorità e violenza sessuale aggravata per abuso di minori, la procura di Cremona ha chiesto 12 anni di reclusione. Ed ha rigettato la richiesta di patteggiamento avanzata dai legali del sacerdote. Il 65enne carismatico prete cremasco, legato a filo doppio a Comunione e Liberazione e già presidente del Banco alimentare, era stato invitato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede a condurre una “vita di preghiera e di umile riservatezza, come segni di conversione e di penitenza”.
Il procuratore della Repubblica Roberto di Martino, titolare dell’inchiesta, non lo ha mai sentito in qualità di indagato e ha proseguito nel suo lavoro investigativo anche senza la collaborazione del Vaticano, che negò la rogatoria per l’accesso agli atti. Dal canto suo don Inzoli non ha mai chiesto di essere interrogato. Si attende, a questo punto, la data dell’udienza preliminare. Il prete sarebbe coinvolto in otto casi di presunti abusi sessuali (altri quindici sono caduti in prescrizione), quattro di questi riferiti, in continuazione, a più situazioni.
Tutti i fatti sono accaduti tra il 2004 ed il 2008, o nello studio del sacerdote o in luoghi di villeggiatura dove il don si recava coi ragazzi. Gli episodi più gravi sarebbero stati commessi ai danni di un 12enne e di un 13enne. Le altre presunte vittime hanno tra i 14 e i 16 anni. L’avvio dell’inchiesta, estate 2014, la si deve a Franco Bordo, parlamentare cremasco di Sinistra Ecologia Libertà, che aveva presentato un esposto in Procura, al quale aveva fatto seguito la denuncia del presidente di un istituto religioso. Lo scandalo scoppiò invece nel dicembre del 2012 quando il sito della curia di Crema pubblicò la decisione del Vaticano di ridurre don Inzoli allo stato laicale. L’anno dopo la Congregazione della Dottrina della Fede trasmise al vescovo di Crema il decreto che infliggeva al sacerdote una “pena medicinale perpetua”.
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