La maglia della Naspi, il nuovo sussidio di disoccupazione introdotto dal Jobs act, comincia a mostrare i suoi buchi: migliaia di persone rischiano di vedere l’indennità dimezzata o, peggio ancora, cancellata. Da una parte c’è il pasticcio dei lavoratori stagionali, oltre 300mila addetti in Italia: prima la durata dell’assegno doveva essere ridotta, poi l’Inps ci ha messo una pezza, ma ora il rimedio non viene applicato, secondo le associazioni di categoria. Sull’altro versante, ci sono colf e badanti: le nuove regole sulla Naspi, spiegano i sindacati, faranno perdere il sussidio a circa 300mila lavoratori domestici, circa un terzo del totale.
Ma andiamo con ordine. Il caos sugli stagionali nasce dalla stessa formulazione del nuovo assegno di disoccupazione, che dura solo tre mesi per chi lavora sei mesi l’anno, in poche parole per tutti coloro che “fanno la stagione”. In questo modo, cuochi, camerieri, bagnini, animatori da villaggio e colleghi passeranno tre mesi senza reddito. A luglio, però, è uscita una circolare Inps che ha riportato il sussidio alla durata originaria, almeno per il 2015. Ora, l’ultima puntata: i lavoratori accusano l’istituto di penalizzarli, ignorando le sue stesse direttive.
A lanciare il sasso è l’Associazione nazionale lavoratori stagionali: nata come gruppo Facebook proprio per protestare contro la formulazione della Naspi, che in pochi mesi ha superato i 30mila iscritti, ora si è costituita come organizzazione di natura sindacale. Il gruppo ha spiegato che il software Inps impostato per il calcolo della Naspi non ha recepito le direttive della circolare 142 dello stesso istituto. “Il documento prevede che, solo per il 2015, una salvaguardia per i lavoratori stagionali storici, cioè che fanno sei mesi di lavoro all’anno da almeno cinque anni”, spiega il portavoce Giovanni Cafagna – Ma in diversi casi, i dipendenti stagionali hanno visto saltare la propria salvaguardia, tornando a un’indennità della durata di tre mesi. Il software Inps non ha recepito le novità della direttiva”.
Diversa la versione dell’istituto di previdenza, interpellato da ilfattoquotidiano.it. “E’ destituito di ogni fondamento l’assunto che questo aspetto non sia trattato nelle attuali liquidazioni Naspi – fanno sapere dall’Inps – Si evidenzia tuttavia che non è possibile prevedere una durata identica per tutti i lavoratori compresi ‘gli stagionali storici’ in quanto l’indennità Naspi è commisurata alla diversa storia contributiva di ciascun lavoratore”. Come dire, bisogna vedere caso per caso: probabilmente a quei disoccupati non spettavano i sei mesi di Naspi.
“Abbiamo le prove di quanto affermiamo – insiste Cafagna – Ci sono lavoratori che avevano diritto ai sei mesi di sussidio e ne avranno tre. E poi, ogni sede Inps dà una risposta diversa agli utenti: chi segue la circolare, chi la ignora, chi non sa neanche di cosa si stia parlando”. Intanto, l’associazione guarda già oltre e prepara una manifestazione per il 12 novembre in piazza Montecitorio a Roma: i lavoratori chiederanno al governo che si torni al vecchio regime, riportando i sei mesi di sussidio non solo per il 2015, ma come intervento permanente e per tutti.
E se i lavoratori stagionali sono preoccupati, nemmeno quelli domestici dormono sonni tranquilli. Anche in questo caso, l’incubo si chiama Naspi. E ancora una volta, al centro delle polemiche è la stessa circolare Inps, la numero 142. I sindacati di categoria, infatti, denunciano che le nuove regole lasceranno senza sussidio un esercito di 300mila colf e badanti, praticamente un terzo del totale. In particolare, il Jobs act prevede che accedano alla Naspi i disoccupati con almeno 30 giornate di lavoro nei 12 mesi precedenti.
La circolare Inps, invece, precisa che per i lavoratori domestici i requisiti cambiano: servono 5 settimane di almeno 24 ore lavorative ciascuna. Questa norma, sostengono le sigle sindacali, toglierà il sussidio a quanti non arrivano alle 24 ore settimanali. “Stante così la situazione – spiega in una nota il sindacato Filcams Cgil – si assisterebbe dunque a una situazione di evidente iniquità, in cui una lavoratrice domestica part time, che magari lavora per 12 mesi continuativi con un contratto di 20 (o anche 23!) ore settimanali non può accedere alla Naspi, mentre una lavoratrice di un altro settore con un identico contratto part time, anche con una anzianità inferiore, percepisce regolarmente il trattamento”.