Il factotum del banchiere-camionista e le relazioni con Randazzo e Barbato, collegati all'uomo che fornì i documenti falsi al superboss
L’Unicredit guidata da Fabrizio Palenzona eroga un finanziamento da ben 15,7 milioni di euro a una società che, pochi mesi dopo, nomina lo stesso Fabrizio Palenzona presidente del consiglio di amministrazione. Siamo nella primavera del 2008 e il Fatto Quotidiano è in grado di rivelare anche un ulteriore dettaglio: negli uffici di Unicredit, più di un funzionario è al corrente della vicenda. Si decide di non applicare l’articolo 136 del Testo unico bancario, quello che prevede, in casi simili, una procedura speciale: se i vertici del gruppo sono in qualche modo coinvolti nel finanziamento, deve esserne informato l’intero cda che, per approvare la pratica, deve votarla all’unanimità. Non avviene niente di tutto questo. Ma c’è ancora di più. La società Gwh, con Palenzona presidente del cda, affida un incarico da 200mila euro l’anno a Roberto Mercuri. E qui la vicenda diventa ancora più interessante.
Roberto Mercuri, infatti, è l’uomo che, pur non avendo alcun incarico formale in Unicredit, utilizza un ufficio al 30esimo piano delle filiale milanese del gruppo. Non solo. Mercuri è accusato dalla Procura di Firenze, proprio con Palenzona, di aver agevolato pochi mesi fa, con un finanziamento da 65 milioni, l’imprenditore trapanese Andrea Bulgarella, considerato vicino a Matteo Messina Denaro. E incrociando l’indagine fiorentina con altre inchieste, condotte a Crotone, Catanzaro e Milano, si scopre che i tasselli di questo mosaico di potere sono sparsi qua e là, in centinaia e centinaia di faldoni. Ma torniamo alla primavera del 2008, specificando che, per questo episodio, non risultano indagati né Palenzona né Mercuri.
La Global Wood Holding – Il finanziamento alla società SFCH, di Aldo Bonaldi, viene erogato da Unicredit in “assoluta mancanza di merito creditizio”. La definizione è di Piero Sagona, un passato in Bankitalia, un presente come consulente di parecchie procure italiane. Tra il 2011 e il 2012 analizza un’intricata vicenda finanziaria, per conto della Procura di Crotone, provando a capire come tale Aldo Bonaldi sia riuscito a fare affari nella filiera energetica di Scandale – mai realizzata – accedendo a finanziamenti per decine di milioni, sia attraverso crediti privati, sia attraverso fondi pubblici stanziati, a partire dal 2004, dal ministero delle attività produttive. Il pm Pierpaolo Bruni e il suo consulente s’imbattono in una serie di società che, di passaggio in passaggio, portano all’estero, fino alla SFCH SA che, a sua volta, detiene parecchie quote della Global Wood Holding Sa che da ora in poi, per semplificare, chiameremo GWH.
Il presidentissimo – Per un accordo tra soci, però, il capitale di GWH deve essere aumentato entro il 29 gennaio 2008. E la SFCH non ha i soldi necessari. Li chiede così alla Unicredit di Palenzona e l’istruttoria, si scoprirà, dura appena tre giorni. Arrivano così i 15 milioni della prima tranche di aumento e, per ripianare la situazione, viene coinvolta la finanziaria Clessidra Sgr, che non fa alcuna fatica ad appoggiare l’operazione: il fido erogato da Unicredit è già, di per sé, una buona garanzia di fiducia. Fido ottenuto con “assoluta mancanza di merito creditizio”, però, e un’istruttoria di appena tre giorni. Gli uffici di Unicredit, nel corso dell’istruttoria lampo, apprendono direttamente da Bonaldi che, realizzato l’aumento di capitale, Palenzona diventerà Presidente del cda di GWH. A dimostrarlo, una corrispondenza di email interne al gruppo: “Nel corso dell’esame – si legge – abbiamo riscontrato che, successivamente alla stipula del contratto di finanziamento a favore di SFCH, il vicepresidente di Unicredit assumerà l’incarico di amministratore della società GWH SA…”. Nella risposta dell’ufficio legale non si rinviene alcun riferimento all’articolo 136 del Testo unico bancario. Anzi. In sostanza, si legge nella email, Palenzona “non può essere assoggettato a una norma sanzionata penalmente, per un fatto non ancora verificatosi e che potrebbe anche non verificarsi…”. Invece si verifica. E Sagona annota: “Appare stupefacente come una banca dello standing di Unicredit, si sia indotta a concedere un finanziamento di così rilevante ammontare a una società estera, senza nemmeno accertarsi del suo stato patrimoniale, finanziario ed economico”. L’operazione, comunque, si concluderà senza danno per Unicredit poiché, attraverso i fondi ottenuti da Clessidra, il prestito verrà onorato.
La strana coppia – Palenzona diventa presidente di GWH appena quattro mesi dopo, il 22 maggio 2008, e guadagna in breve tempo ben 528mila euro. Accanto a lui c’è il fido Mercuri che, stando agli atti d’indagine, porta a casa un riconoscimento di ben 200mila euro – “quale assistente del presidente, a partire dalla data di nomina di Palenzona, quindi con effetto economicamente retroattivo” – per “qualche telefonata settimanale” con la quale si “informa di come vanno le cose”. C’è solo un piccolo dettaglio da aggiungere: Mercuri è da anni in stretto contatto con Bonaldi. Lo stesso Bonaldi che ha appena ottenuto da Unicredit quel finanziamento di 15,7 milioni da Unicredit. Di più: a giudicare dalle indagini di Crotone, condotte prima dal pm Bruni e poi dalla pm Luisiana di Vittorio, Mercuri e Bonaldi hanno condiviso, come se fossero soci, l’iter per la centrale a biogas calabrese mai realizzata. E infatti, per questa vicenda, a Crotone sono indagati per truffa e bancarotta (secondo il riesame, la bancarotta, sarebbe però inesistente, ndr). I tasselli da mettere insieme, però, sono molti di più. Perché non vi siano dubbi, chiariamo che non stiamo dando alcuna rilevanza penale a questa ricostruzione, che risulta interessante per un altro motivo: mette in luce una serie di relazioni che attraversano gli ultimi dieci anni della vita di questo paese. È da almeno dieci anni, infatti, che Roberto Mercuri bazzica direttori di filiali e imprenditori. Certo, oggi è cresciuto. E con lui sono cresciuti anche gli altri. Dieci anni fa, Mercuri bazzicava il direttore della filiale bresciana della Bipop, Vittorio De Stasio. Se dalle analisi di Sagona passiamo a quelle di Gioacchino Genchi, altro super consulente di molte procure, si scopre che Mercuri ha usato la filiale bresciana di Bipop “quasi da padrone” poiché “poteva contare sulla consolidata amicizia dell’ex direttore generale della Banca Popolare di Brescia Vittorio De Stasio”. Passa il tempo e De Stasio diventa un pezzo da novanta: amministratore delegato della Barclays Italia.
Carica lasciata qualche anno fa, dopo le vicissitudini giudiziarie che a marzo l’hanno visto condannato in primo grado, dal tribunale di Milano, a 2 anni 8 mesi con l’accusa di corruzione tra privati. Insieme a lui – ma guarda un po’ – è stato condannato Aldo Bonaldi: stessa pena e stesso reato. Secondo l’accusa, De Stasio, attraverso la Barclays, avrebbe finanziato per circa 10 milioni di euro, quattro società di Bonaldi (sì, sempre lui) ottenendo in cambio una dazione di denaro finita – secondo De Stasio a sua insaputa – su un conto estero. Per quanto possa sembrare strano, vi è un’altra singolare coincidenza: De Stasio, attraverso la Barclays, ha concesso finanziamenti anche alla russa signora Kusniarova Katsiaryna, moglie di Mercuri e parente (o meglio: affine) di Kouchnerova Alla, moglie di Palenzona. Anche al numero due di Unicredit, la Barclays di De Stasio, ha concesso dei finanziamenti. E non soltanto a lui. Analizzando i conti correnti di Mercuri, si scopre che è anche in contatto con Vittorio Farina, proprietario della Ilte con il suo socio Luigi Bisignani, l’uomo forte della cosiddetta “P4”: è Farina a chiedere un finanziamento di 250mila euro da versare sul conto di Mercuri, 250mila euro per la compravendita di un antico quadro e un prezioso orologio. A chi chiede il finanziamento? Alla Barclays di De Stasio. E sarà sempre Farina che anni dopo con la sua Concilium, interviene – inutilmente – per tentare di salvare dal crac l’immobiliare Norman 65, di cui Palenzona è stato vicepresidente. E sempre da De Stasio arrivano i soldi utilizzati per acquistare appartamenti a Roma e anche a Rapallo: quello stesso dove, per tornare alle indagini fiorentine, l’imprenditore in odore di mafia, Andrea Bulgarella, intende recarsi per parlare, con Mercuri e Palenzona, del futuro finanziamento da 65 milioni.
Mammasantissima – Se Mercuri (e con lui Palenzona) è davvero collegato a Cosa Nostra, lo stabiliranno le inchieste. Di certo, però, c’è una coincidenza che, per dovere di cronaca, deve essere annotata: Mercuri ha frequentato almeno due persone – Giuseppe Randazzo e Beniamino Barbato – in contatto con Francesco Campanella. Parliamo dello stesso Campanella, uomo di Cosa nostra e braccio destro del boss di Villabate Nino Mandalà che, nel 2000, viene nominato segretario nazionale dei giovani dell’Udeur. E nel 2001, grazie alle sue conoscenze al Comune di Villabate, falsifica la carta d’identità con la quale Bernardo Provenzano può andare a Marsiglia per sottoporsi a un intervento chirurgico. L’amico degli amici di Mercuri, insomma, aiutò il “Capo dei capi”. Torniamo a ribadirlo: questa non è un’accusa – né per Campanella né per Mercuri, né per Randazzo, né per Barbato – ma è la ricostruzione di una rete di relazioni. Non ci risultano contatti diretti tra Mercuri e Campanella ma, a metterli in collegamento, è l’amicizia con due politici che, nel 2004, gravitano nell’orbita della vecchia Dc: Randazzo, nel 2004, si occupa delle elezioni europee per conto di Lorenzo Cesa.
Dal canto suo, Mercuri, ha un rapporto “osmotico” – la definizione è di Genchi in una consulenza per l’ex pm Luigi de Magistris – con un altro importante politico del partito di Pier Ferdinando Casini: Giuseppe Galati, all’epoca sottosegretario allo Sviluppo economico, con delega al Cipe. Ecco, diciamo che gli anni in cui frequenta Randazzo e Barbato, sono gli stessi in cui Mercuri inizia la sua scalata al cielo. E il cielo si chiama Pianimpianti: una società milanese che usufruisce spesso di finanziamenti pubblici in Calabria e, a sua volta, finanzia – proprio come Randazzo – un’altra società: la Global Media. Sarà un caso, ma è la stessa Global Media che, in alcuni atti d’indagine viene definita il “polmone finanziario dell’Udc” guidato da Cesa. Non solo. È la stessa Pianimpianti che, con Totò Cuffaro governatore, in consorzio con la tedesca Lurgi si aggiudica in Sicilia un appalto per costruire dei termovalorizzatori.
Non è finita. È la stessa Pianimpianti che, attraverso un giro di fatture false, consente a Bonaldi di vedere sbloccata dal Cipe, all’epoca guidato proprio da Galati, una fideiussione fondamentale: quella da circa 4 milioni per una centrale a energia verde – mai costruita – nella provincia di Crotone. Una centrale che doveva essere costruita dalla società Eurosviluppo che poi, in una serie di passaggi societari, confluisce all’estero, rastrellando prima finanziamenti attraverso De Stasio, per poi confluire nella SCFH, ovvero la società che chiede un finanziamento all’Unicredit di Palenzona per aumentare il capitale di un’altra società, la GWH della quale – erogato il finanziamento – Palenzona diventa presidente e Mercuri dipendente per 200mila euro l’anno. Era la primavera del 2008. Sette anni dopo, Mercuri ottiene un ufficio al 30esimo piano della filiale milanese di Unicredit e secondo le accuse tratta, senza averne titolo, il finanziamento da 65 milioni che Unicredit concede a Bulgarella.
da Il Fatto Quotidiano del 14 ottobre 2014