E’ possibile che ci sia una ripresina, ma il dato affidabile su un’eventuale crescita arriva dall’Istat. E per ora siamo ancora agli zero virgola. Anche perché il calo di cassa in deroga e disoccupazione è legato al cambio delle regole nel corso dell’anno. Questo è il quadro che Guglielmo Loy, segretario confederale Uil, fornisce della riduzione degli ammortizzatori sociali riportata dall’Inps. A settembre 2015, informa l’istituto di previdenza, le ore di cassa integrazione richieste sono diminuite del 38,1% rispetto a un anno prima. Segno meno anche per le domande di disoccupazione, che in agosto si sono ridotte del 20,4% in confronto con il 2014.
Nel dettaglio, a settembre sono state autorizzate 60,7 milioni di ore di cig, in calo rispetto all’anno scorso ma in aumento del 5,6% in confronto ad agosto. La cassa ordinaria ha totalizzato 17,8 milioni di ore, il 18,2% in meno rispetto al 2014, la cassa straordinaria 30,6 milioni (-45,3%), la cassa in deroga 12,2 milioni (-39,7%). A festeggiare il risultato è intervenuto subito Filippo Taddei, responsabile economico del Pd: “Continuiamo a crescere: meno cassa integrazione (-38%), meno domande di disoccupazione (-20,4%) = aumenta il lavoro”.
“Una ripresina è possibile – replica Loy – Ma se dovessimo considerare la cassa integrazione come il paradigma del mercato del lavoro, una riduzione così consistente avrebbe dovuto significare una crescita occupazionale ben più alta. Invece siamo ancora allo zero virgola, secondo l’Istat”. Gli ultimi numeri forniti dall’istituto di statistica, relativi ad agosto 2015, parlano di un aumento del tasso di occupazione dello 0,2% rispetto al mese precedente e dello 0,9% su base annua.
I dati degli ammortizzatori sociali, infatti, risentono degli ultime riforme in tema di lavoro. Prima di vedere gli effetti delle novità del Jobs act relative alla cassa integrazione, operative dal 24 settembre, bisogna tenere conto dei precedenti interventi legislativi. “Il calo della cassa in deroga – ricorda il sindacalista – è legato anche al cambio delle regole nel 2015, che prevedono un massimo di cinque mesi per azienda”. Una volta scaduto il limite temporale, è il ragionamento, le imprese non possono più fare richiesta dell’ammortizzatore. E così il calo non significa che le aziende sono uscite da situazioni di difficoltà, ma semplicemente che non possono più ricorrere alla cassa. Ma Loy invoca prudenza anche nell’analisi dei numeri sui sussidi di disoccupazione: “Con il passaggio alla Naspi c’è stata molta confusione nell’autorizzazione e nel versamento dei pagamenti da parte dell’Inps. Non è un dato affidabile”. Non a caso, anche l’Inps avverte: “Sulla contrazione delle domande presentate ad agosto 2015 incide il fatto che il numero di domande di Naspi è ancora parziale, trattandosi dei primi mesi di entrata in vigore della nuova prestazione”.
Un ulteriore contributo all’analisi dei numeri del lavoro arriva da Bankitalia. Nell’ultimo bollettino economico dell’istituto, si esaminano i dati della Regione Veneto relativi alle nuove assunzioni nei primi quattro mesi dell’anno. I curatori del rapporto spiegano che al Jobs act, e in particolare alle nuove regole sui licenziamenti, si può legare solo una nuova assunzione su dodici. “Nella Regione Veneto – si legge nel rapporto – circa un quarto dell’aumento delle posizioni regolari di lavoro dipendente e parasubordinato del settore privato non agricolo registrato (oltre 10mila rapporti di lavoro)” sarebbe attribuibile a bonus contributivi e abolizione dell’articolo 18. “All’interno di questa quota – prosegue Bankitalia – si stima che gli sgravi contributivi avrebbero concorso per due terzi, mentre la nuova disciplina dei licenziamenti per un terzo. È verosimile che valutazioni analoghe siano applicabili all’intera economia, per la quale sono necessarie ulteriori analisi”.