Catania è una città levantina, scafata, dominata da una coerente vocazione a servire i potenti di ogni risma, abituata a digerire e a giustificare tutto usando in modo assai spregiudicato cinismo e ironia.
La notizia secca è che l’Amministrazione catanese, guidata da Enzo Bianco, a cura dell’assessore alla Cultura Orazio Licandro, qualche tempo fa ha fatto una “sinergia”, ovvero un accordo pubblico-privato, per la realizzazione del progetto “La Strada degli artisti” con un tale che oggi i magistrati accusano di essere prestanome della mafia. Ne sono convinti al punto da sequestrare la sua discoteca, un locale notissimo in città, già finito nel 2006 al centro di altre indagini per mafia. Insomma un personaggio dal quale stare prudentemente alla larga. Invece Licandro e Bianco non solo hanno fatto insieme a lui un bel progetto, ma si sono fatti allegramente fotografare a braccetto all’inaugurazione. Ovviamente al diffondersi della notizia del sequestro si è scatenato il vivirivì, per dirla con Montalbano. Le opposizioni chiedono le dimissioni, il Pd prudentemente tace, anche se i pasdaran dell’Amministrazione si sono scatenati sul web in nome del garantismo. E siccome il garantismo è cosa seria, credo vada rispettata la presunzione di innocenza di tutti e appare ovvio che né Licandro e neppure Bianco siano lontanamente sospettabili di avere interessi in comune con mafiosi di ogni ordine e grado. Difficile al tempo stesso non cogliere che il duo non brilli certo per prudenza e coerenza.
Fin qui in termini di diritto. Ma la politica è ben altra cosa. Il garantismo davvero c’entra poco. Credo che la politica che attende le sentenze passate in giudicato, magari pure il pronunciamento della Corte Europea o quello del Padreterno in sede di Giudizio Universale, sia solo una politica codarda. Le scelte politiche, al di là della loro ricaduta penale, restano scelte politiche e di quelle scelte che Licandro e Bianco devono dar conto.
Abbiamo assistito ad una canea, con fascisti, pentastellati, mafiosi, palazzinari, ladroni e coatti, scatenati contro gli scontrini di Ignazio Marino (che dovrebbe essere perseguito per stoltezza aggravata) ansiosi di riconsegnare Roma agli accoliti di Alemanno e Carminati e alla loro Suburra. Ebbene non mi pare che Marino sia mai stato fotografato con Carminati o con i boss della famiglia Casamonica (al contrario di Gianni Alemanno), oppure che il suo assessore alla Cultura abbia fatto progetti e “sinergia” con persone accusate di essere i prestanome della banda della Magliana. Eppure il suo partito (quello che a Catania è prudente e garantista) lo ha scaricato e fatto dimettere a calci nel sedere come un tangentista o un mafioso. Solo per coerenza con la severità usata dal Pd con Marino, di fronte alle notizie che giungono da Palazzo di Giustizia, Licandro dovrebbe dire “scusate, torno ad occuparmi di papiri all’Università” e Bianco, se proprio non vuol dimettersi, prima di annunciare ipotetiche costituzioni di parte civile in un processo contro l’uomo con cui facevano le “sinergie”, quanto meno debba chiedere scusa alla città e revocare subito ogni accordo affare o inciucio, con questo signore.
Infine credo che Enzo Bianco, che annuncia – come detto – ipotetiche costituzioni di parte civile, debba anche spiegare alla città come mai l’Amministrazione Comunale, che si è costituita parte civile, a tamburo battente e sin dalle prime fasi processuali, contro mafiosi, spacciatori di droga, estorsori ed altri malacarne, sia stata colta da subitanea paralisi di fronte al processo che vede imputato Mario Ciancio per concorso esterno in associazione mafiosa. L’udienza preliminare è in corso, altri si sono costituiti parte civile. Il Comune di Catania ha preferito ancora non schierarsi. Potrà farlo – se il Gup manderà a giudizio Ciancio – nella prima udienza di dibattimento. Staremo a vedere.
Riceviamo e pubblichiamo la replica di Orazio Licandro
Scrivo queste righe su una vicenda catanese indubbiamente assai spiacevole, e che riguarda le aspre polemiche relative a un intervento di riqualificazione di una strada su proposta del gestore di una discoteca che lì insiste. Il locale qualche giorno dopo l’inaugurazione a cui ho preso parte con il sindaco è stato sequestrato in quanto il gestore, per gli inquirenti, risulterebbe il prestanome di un boss. Si è così scatenata una polemica sin dall’inizio con i toni della crociata politica. Chi ci chiede di svelare i nostri rapporti con imprese di mafia (!), chi ci chiede di svelare quali vantaggi avremmo assicurato all’imprenditore in questione, chi le dimissioni tout court. Siamo lieti che un giornalista dell’antimafia come Domenico Valter Rizzo affermi che “né Licandro e neppure Bianco siano lontanamente sospettabili di avere interessi in comune con mafiosi di ogni ordine e grado”. Vivaddio!
Abbiamo spiegato la genesi della vicenda: una proposta avanzata dal gestore della discoteca, con altre associazioni ma soprattutto con un’istituzione culturale, cioè l’Accademia delle Belle Arti di Catania, la cui presenza costituiva una garanzia. Obiettivo: riqualificare una strada con eventi selezionati da un’apposita commissione di docenti e presieduta dal direttore dell’Accademia stessa. Inoltre, aggiungo una mia personale valutazione che mi ha spinto ad accettare la proposta: resto convinto, guardando al vasto mondo giovanile delle discoteche, che far vedere nella vita l’esistenza di altri orizzonti, far entrare questi giovani in diretto contatto con coetanei vocati all’arte, alla musica, alla fotografia, sia un utile e fecondo seme. Va bene la gioia del ballo, il lasciarsi andare, ma se potessi comunque recuperare un giovane alla cultura, all’arte, alla musica, e sganciarlo dall’alcool, considererei ben speso il mio impegno civile e politico.
Questi i fatti. Che comunque ai detrattori sembrano non interessare! Andiamo alle cosiddette valutazioni di prudenza e di cautela. Nessuno di noi, né il sottoscritto né il sindaco e neppure alcuno delle strutture comunali, possedeva una percezione minima delle indagini in corso, e del coinvolgimento del sig. Di Bella, che mai era stato raggiunto, almeno a nostra notizia, da provvedimenti giudiziari. E’ insidioso e capzioso sul punto il ragionamento di Rizzo: noi non aspettiamo i tre gradi di giudizio, se avessimo soltanto annusato qualcosa non avremmo neppure preso in considerazione la proposta. Lo stesso, posso dire con certezza, vale per l’Accademia delle Belle Arti, il suo direttore e i suoi docenti.
Tanto che nei cinque giorni successivi all’inaugurazione erano piovuti soltanto plausi a un ulteriore intervento di riqualificazione urbana in quartieri difficili. Al sesto giorno è improvvisamente, imprevedibilmente, intervenuto il provvedimento di sequestro e via alle valanghe… Dal sesto giorno, come una rivelazione biblica tutti sapevano, eppure sino al giorno prima nessuno, giornalista, politico, esponente della società civile, professionista dell’antimafia che fosse, proprio nessuno aveva sollevato il benché minimo dubbio o allarme o denuncia. Ecco perché di Rizzo spiace la non ricerca dei fatti e la ferocia di un sommario giudizio politico, condito da sgradevolezze oltre ogni limite. Licandro e Bianco non sono stati fotografati con boss o noti faccendieri; Licandro e Bianco, ovviamente, hanno subito sospeso ogni forma di collaborazione, che peraltro non vedeva neppure parte attiva il Comune di Catania (non abbiamo bisogno di indirizzi politici); Licandro e Bianco hanno annunciato che l’Amministrazione si costituirà parte civile nell’eventuale processo; Licandro e Bianco danno sempre conto delle loro scelte politiche, soprattutto di quelle in tema di legalità e di contrasto alla criminalità organizzata. E mentre di ciò ne ha dato ampiamente e pubblicamente atto la procura di Catania, sino a qualche mese fa diretta da Giovanni Salvi, e tutte le forze dell’ordine, invece non ne dà conto ai suoi lettori Rizzo. Non dà conto, per esempio, della revoca dell’appalto del lungomare che avrebbe devastato oltre 1 km di scogliera lavica; non dà conto della revoca dell’appalto di un mega parcheggio sotterraneo attribuito a imprese coinvolte in scandali giudiziari; non dà conto del licenziamento di un Direttore della N.U., che secondo le inchieste giudiziarie aveva cointeressenze, e non ricorda neppure che due imprese sono state appunto commissariate su decreto prefettizio per infiltrazioni. E potrei continuare, ma Rizzo non ne darebbe conto.