Il film racconta il caso che coinvolse la CBS News nell'inchiesta Bush-Guard e che comportò il licenziamento dell'allora produttrice del programma 60 Minutes nonché splendida reporter investigativa Mary Mapes, insieme al suo team e costrinse "la voce" delle news degli States, Dan Rather, a dimettersi dopo 40 anni di gloriosi servizi
Con un film sul coraggio della verità, si alza oggi il sipario sulla 10ma Festa del Cinema di Roma. Ne va orgoglioso il neo direttore artistico Antonio Monda, siciliano di nascita e newyorkese d’adozione che ha selezionato “tanta America” al suo debutto capitolino. Uno dei principali titoli è proprio quello di apertura della kermesse, Truth, esordio in regia dello sceneggiatore James Vanderbilt, con una Cate Blanchett al solito impeccabile. Il film lavora attorno a uno dei casi giornalistici americani più discussi d’inizio XXI secolo, ovvero quello che coinvolse la CBS News nell’inchiesta Bush-Guard e che comportò il licenziamento dell’allora produttrice del programma 60 Minutes nonché splendida reporter investigativa Mary Mapes, insieme al suo team e costrinse “la voce” delle news degli States, Dan Rather, a dimettersi dopo 40 anni di gloriosi servizi seguiti da mezza America. Nel ruolo della Mapes la Blanchett è a suo agio naturale accanto al “dem” Robert Redford in quelli di Rather.
L’inchiesta, giusto per fare chiarezza, svelava prove contro l’allora presidente George W Bush alla vigilia del suo secondo mandato, riguardando alcune sue lacune al dovere militare come pilota della Guardia Nazionale dell’Aeronautica del Texas tra il 1968 e il 1974 . Siamo quindi nel settembre 2004: un’elezione (o rielezione, come in effetti andò) assolutamente delicata essendo la prima post 11/9 e che non poteva assolutamente mettere gli americani in ulteriore stato di stress emotivo. Tuttavia siamo anche in piena trasformazione tecnologico/informatica che comportava una mutazione radicale di pelle nel modo di fare giornalismo: le sofisticatezze di Microsoft Word (citato platealmente nel film) arrivano al punto da creare documenti vintage identici ai vecchi cartacei anni ’70.
E su questo “cavillo” il 9 settembre 2004 il fino ad allora glorioso servizio della Mapes inizia a vacillare: le “prove” da lei avanzate che mettevano Bush spalle al muro potevano essere dei falsi. A iniziare il tamtam contro di lei e infine contro tutta CBS News sono i blogger, che trovano il carattere di apice “th” non contemplato nelle macchine da scrivere dei 70s mentre “tralasciato” nei doc falsificati. Una svista da poco che in un certo senso è costata l’esito delle presidenziali. Con il dato di non poca rilevanza che la politica naturalmente governa la diffusione informativa. Ma al di là di questo, il punto di Truth, che uscirà il 5 gennaio prossimo in Italia, lo spiega bene il giovane regista che voleva fare il reporter non avesse fatto il cinema: “Ciascuno tentava di inseguire una verità in cui credeva, ma la Verità assoluta su quel caso non è mai stata svelata e forse non uscirà mai”. Senza risvegliare teorie di relativismo, ciò che sembra uscire dalla pellicola tesa e ben recitata è la crescente diffcoltà a scoprire (credere?) in una Verità dei fatti anche a causa della crescente quantità di informatori, mezzi di comunicazione e dunque di notizie stesse. “Una volta i giornalisti da leggere/ascoltare/seguire erano pochi, oggi è il caos” aggiunge Vanderbilt, aprendo ad una riflessione sui rischi della over-medialità che governa il mondo del giornalismo odierno. Siamo diventati tutti giornalisti o non lo è più nessuno? L’unica certezza è – come è stato nel caso Bush-Guard – sapere che chi ci prova è in buona fede.