Il Veneto è un gigante guidato da nani. La regione ha molto sofferto la crisi, ma è anche oggi la prima a vedere la fine del tunnel con dati su crescita economica e occupazionale che fanno invidia a tutta l’Europa. Merito di imprenditori capaci e di una cultura di dedizione al lavoro, ma anche di un tessuto associativo e relazionale che ha parato il colpo della crisi non permettendo che la società si sfaldasse. A tutto ciò ha, purtroppo, sempre fatto fronte una politica provinciale, incapace di una prospettiva più lunga dell’immediato domani e in cui i rapporti personali hanno sempre avuto maggiore rilevanza rispetto a quelli istituzionali.

Regionali: Veneto, Zaia e Moretti hanno già votato

A fine 2014, per esempio, la Regione sbloccò molti finanziamenti ai Comuni solo attorno a Natale, così che non rimanessero sufficienti giorni perché i paesi e le città li potessero usare in maniera completa. Si arrivò all’assurdo che molti Comuni ebbero forti avanzi di bilancio e contemporaneamente le accise ai massimi. Ovviamente, stante anche la precedente tornata amministrativa particolarmente favorevole al centrosinistra, si finì per far ricadere la colpa su sindaci poco capaci di pianificazione e le colpe della Regione furono ben occultate. Del resto la Lega Nord si preparava alle elezioni e doveva far dimenticare cinque anni di una Regione completamente bloccata dalle faide interne al centrodestra, poi sfociate nell’abbandono del candidato Zaia da parte di oltre la metà dei consiglieri e nella presentazione di due liste diverse, una per Zaia e una per Tosi.

Il capolavoro elettorale è stato però la Legge di Stabilità regionale, una legge-mancia per assicurare rielezione di giunta e consiglieri in carica. Alla fine furono 50 i milioni distribuiti con criteri assolutamente incomprensibili a diversi enti, con Comuni, come San Martino di Lupari (Pd), che ricevettero oltre un milione di euro e altri che non ne videro neppure uno. Tutto si basò sulla conoscenza diretta dei consiglieri in Regione. Appena rieletto, Zaia annunciò di voler abrogare quella legge, tagliando tutti i finanziamenti.

Avevamo contestato al tempo quel modus operandi, ma ora, da una classica spartizione di denaro per garantirsi la rielezione, siamo arrivati ad un trucco delle tre carte. Ti do i soldi per guadagnare voti, mi voti, io tolgo i soldi, peggio di Lauro a Napoli, che almeno consegnava la seconda scarpa una volta eletto.

Le motivazioni a tale manovra sono da riscontrare nella Legge di Stabilità italiana, almeno secondo la giunta attuale (che ha lo stesso governatore della precedente). Peccato che essa sia di dicembre 2014, mentre quella veneta sia di aprile 2015, se i soldi non ci sono oggi, non c’erano neanche ad aprile, ma li si è voluti scrivere nero su bianco ugualmente. Lo Stato è però sempre il colpevole, a Venezia tanto che la regione ha stanziato un milione e 200 mila euro per spese legali di questo scampolo di 2015. Andranno a finanziare le impugnazioni di incostituzionalità contro la Buona Scuola e le altre innumerevoli cause tra Venezia e Roma.

A fare le spese di tutto ciò sono i Comuni e gli altri enti (solo in provincia di Treviso “svaniscono” più di 4 milioni di €), che vedranno nuovamente i propri bilanci “truccati” all’ultimo minuto, ma ancor più la Regione, come sistema in sé. Il Veneto è un gigante che potrebbe fare passi enormi, ma è frenato da nani a cui interessa solamente cosa succederà, a loro, domani.

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